Intervista a Massimiliano Smeriglio: “Sinistra ostaggio del giustizialismo, scatenata contro Santanché ma dimentica i poveri cristi in carcere”

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Massimiliano Smeriglio, europarlamentare uscente, candidato di Alleanza Verdi e Sinistra alle elezioni europee nelle circoscrizioni Centro e Nord-Ovest: da Gaza allo scontro diretto Israele-Iran. Il Medio Oriente è una polveriera pronta ad esplodere, con effetti devastanti per l’intera area. E il mondo sta a guardare. In Italia poi…
Mi permetta intanto di esprimere la mia vicinanza ad Antonio Scurati anzi la mia vicinanza è alla nostra storia migliore: a Giacomo Matteotti, ai Gap, ai martiri delle stragi nazi fasciste. Noi non dimentichiamo niente, non la dittatura fascista né i protagonisti della Resistenza e della lotta di liberazione. Inoltre, il contrasto alle forme autoritarie non riguarda solo il passato ma l’agenda contemporanea, in particolare abbiamo un obiettivo primario in queste europee, contribuire alla liberazione di Ilaria Salis, non lasciarla sola nelle tremende carceri ungheresi, cosa che sta facendo il governo italiano. E noi ci battiamo contro ogni forma di giustizialismo e privazione preventiva della libertà personale.

Torniamo a noi.
Il tema è che il mondo sta a guardare una escalation di cui l’Occidente porta una grave responsabilità. La responsabilità di non dare seguito alle risoluzioni dell’organizzazione delle Nazioni Unite e di non trovare il modo di contrastare efficacemente il governo di estrema destra di Israele. In tutto questo l’Unione Europea è drammaticamente assente. Silente. Erano corrette le iniziative di vicinanza ad Israele immediatamente dopo la mattanza del 7 ottobre. La cosa incredibile per un continente che si fonda sullo stato di diritto e sul rispetto dei diritti umani è il silenzio colpevole di fronte a quello che è accaduto dall’8 ottobre in poi, ovvero il massacro continuo della popolazione civile inerme di Gaza composta prevalentemente da donne e minori. Ora siamo a un altro punto di snodo di questa vicenda determinato ancora una volta dalla impunità del governo di estrema destra di Israele che ha bombardato una sede diplomatica in un altro paese e cioè a Damasco in Siria. Neanche durante la dittatura di Pinochet in Cile si violavano le sedi diplomatiche. E Israele porta anche la responsabilità di una continua delegittimazione delle organizzazioni delle Nazioni unite. Una deriva pericolosa che crea un precedente esplosivo. Se non saremo fermi nel condannare la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, contrastando l’iniziativa di chi si percepisce come non punibile, perderemo ogni residua credibilità. E nel caos dei rapporti geopolitici attuali la credibilità è un bene prezioso.

La mattanza di Gaza ha raggiunto dimensioni apocalittiche: 10mila donne uccise in sei mesi, oltre 13.800 bambini morti per i bombardamenti, la fame e le malattie legate alla guerra. Ma chi osa criticare Israele viene manganellato o tacciato di antisemitismo.
Il massacro di Gaza è di fronte ai nostri occhi e ci ricorda ogni giorno le nostre specifiche responsabilità. Migliaia di morti, feriti, migliaia di bambini che muoiono anche per denutrizione o per mancanza di cure ospedaliere rimarrà a lungo un’onta e uno sfregio per Israele e per la civiltà occidentale. Piuttosto ci troviamo di fronte a politiche violente di un governo suprematista, razzista che applica forme di segregazione coloniale della popolazione palestinese. Chi si ostina a non vedere e a non denunciare le pratiche brutali del governo di Israele ne è sostanzialmente complice. Esiste peraltro un clima che non va bene, che cerca di reprimere sul nascere qualsivoglia pensiero critico, come accaduto con gli studenti universitari protagonisti di mobilitazioni contro il rapporto tra gli Atenei e l’industria bellica. Dovrebbe la premier buttare acqua sul fuoco e non far finta di non vedere. La responsabilità di governare è anche questa. Francamente di antisemitismo non vedo traccia, ed è una categoria troppo seria per utilizzarla ogni qual volta si critica un governo di estrema destra.

Armi all’Ucraina ma per la Palestina non c’è posto alle Nazioni Unite. Due pesi e due misure?
Il problema dell’Europa, agli occhi della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che non è occidentale, è esattamente il tema del doppio standard e cioè dei due pesi e due misure. In questo modo, utilizzando a proprio piacimento la questione serissima della violazione dei diritti umani, l’Europa si condanna ad un ruolo secondario e poco ambizioso. L’Europa non può essere una potenza militare, ma deve riguadagnare credibilità sul piano delle relazioni diplomatiche, negoziali, facendo pesare la propria storia e il proprio carisma. Per fare questo c’è bisogno di un’Europa nuova. Indipendente, autonoma, sovrana, con un’agenda distinta dall’agenda atlantica. L’agenda atlantica non è un’agenda che tiene in conto gli interessi materiali degli europei. Mentre va denunciata la deriva in corso fondata su una corsa al riarmo di 27 eserciti senza precedenti. Investire nelle armi che la Francia e l’Italia producono e che la Germania sta acquistando significa definanziare Next generation Ue e il Green new deal. Una sorta di pericolosa spesa pubblica di guerra.

Il mondo è sempre più dentro una terza guerra mondiale a pezzi, per usare le parole di Papa Francesco. Tra meno di due mesi si vota per le europee, ma il dibattito in Italia si concentra su alleanze, candidature, colpi bassi.
Purtroppo, il dibattito in Italia sulle europee sconta un vizio di provincialismo e di sostanziale mancanza di consapevolezza di quanto c’è in ballo in Europa. Si discute delle liste, delle candidature, a volte delle figurine per sopperire alla credibilità delle proposte politiche, si discute delle relazioni e dei rapporti di forza tra i partiti e tra le coalizioni e spesso anche tra partiti della medesima coalizione. Senza mai o quasi mai parlare delle ragioni di fondo che dovrebbero portare gli italiani a votare per le europee. Si tratta infatti di scegliere tra due idee d’Europa. Quella della destra: un’Europa nazionalista, guerrafondaia, patriarcale, negazionista sul clima, che cerca di intervenire persino nei comportamenti affettivi e sessuali delle persone. Noi dovremmo avere l’ambizione e il coraggio di dare forza ad un’altra Europa, quella delle istituzioni comunitarie, della solidarietà, del pacifismo, dell’ecologismo, del femminismo e del rapporto simmetrico con gli altri paesi del mondo senza cedere mai alla torsione eurocentrica e neocoloniale.

Da garantista della prima ora, come valuta la candidatura di Ilaria Salis nelle liste di Alleanza Verdi Sinistra?
È una buona notizia perché rimette al centro del dibattito la vita di una giovane donna tenuta brutalmente in ostaggio da un governo autoritario e illiberale come quello di Orban. È anche vero però che la candidatura è una denuncia esplicita alla inconsistenza della iniziativa del governo italiano per tentare di fare giustizia e liberare Ilaria. Toccherà a noi con il voto provare a liberarla e dare un segnale molto forte circa l’idea che abbiamo di liberazione dell’Europa intera dagli autoritarismi, dai fascismi striscianti e dalle democrature. Sono e resto un garantista non solo nei confronti di Ilaria ma verso chiunque subisca un’azione giudiziaria fuori dal rispetto dello stato di diritto dei diritti umani e dei diritti delle persone detenute. In Italia e nel resto d’Europa.

Da garantista. Se lo stato di salute di un Paese si misura anche dal suo sistema giudiziario e carcerario, oltreché da quello della sanità pubblica, come sta l’Italia vista anche da Bruxelles?
In molti paesi europei il sistema carcerario è un buco nero, nerissimo. L’Italia è parte del problema, visto che il sistema carcerario e le condizioni della detenzione sembrano interessare poco il dibattito politico. O meglio il dibattito è dentro un corto circuito. La destra parla di garantismo quando si tratta di Santanchè senza riflettere su una posizione più matura e generalizzata sul garantismo. Anzi continua a proporre carcere per tutti gli altri. La sinistra è ostaggio di una torsione giustizialista pensando sempre alla Santanchè e dimenticando anche lei tutti gli altri, i poveri cristi, i senza potere, senza soldi e avvocati che in galera finiscono davvero. Sovraffollamento, depressione, poche attività formative, persone immobili, poche sollecitazioni a rimettersi in gioco. Questo è il carcere oggi: pene, pene aggiuntive e poche chance di rigenerazione umana. E poca voglia da parte di tutti di squarciare il velo dell’ipocrisia e tornare a riflettere di detenzione e pene alternative, risorse da investire comprese. Siamo purtroppo lontani dai tempi di Gozzini. Ma noi non demordiamo. Non lasciare soli i detenuti è un principio di civiltà.

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