Ken Loach annuncia l’addio l’addio al cinema: “Sono al capolinea, ti fermi solo quando devi assolutamente farlo”

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Ken Loach ha annunciato il suo ritiro dal mondo del cinema. Il regista inglese lo ha dichiarato in un’intervista a Variety. “Penso che l’idea di rimettermi a fare un film sia un passo troppo lungo – ha detto – Ti fermi solo quando devi assolutamente farlo, e oggi credo di essere giunto al capolinea”. Loach ha 87 anni, il suo film è uscito l’anno scorso, nelle sale italiane a novembre, The Old Oak, è stato in concorso al Festival del Cinema di Cannes. “Ma certo che un altro mondo è possibile, assolutamente – aveva detto in un punto stampa con i giornalisti a Roma – C’è un vecchio detto americano che dice: agita, educa, organizza. Penso che il problema che abbiamo a sinistra non sia la carenza di brave persone ma che permettiamo che ci dividano. Ciò di cui abbiamo bisogno è l’unità”.

Chi è Ken Loach

Cresciuto in una famiglia di minatori, laureato a Oxford, Ken Loach ha realizzato 57 film, tutte militanti. È diventato un punto di riferimento per il cinema impegnato, di sinistra. Ha vinto due volte la Palma d’Oro a Cannes con Il vento che accarezza l’erba nel 2006 e per Io, Daniel Blake nel 2016. Ha realizzato film celebrati come capolavori come Piovono pietre, Terra e libertà e My Name Is Joe. Loach aveva già rilasciato delle dichiarazioni che lasciavano presagire l’addio alla macchina da presa da regista nelle interviste che aveva rilasciato dopo l’uscita del suo ultimo film.

“Cerco solo di pensare al futuro e di non lasciarmi prendere dalla nostalgia”, ha dichiarato Loach nella stessa intervista a Variety. “Non fare film non significa che il tuo rapporto con il cinema, e gli studenti, e le persone che ne scrivono debba finire. Sono stato fortunato, ci sono altre possibilità di fare cose che siano attinenti al mio lavoro, ma senza lo stesso livello di impegno e senza dover viaggiare di continuo”. Non un completo addio insomma.

L’ultimo film di Ken Loach

L’ultimo film, scritto con lo sceneggiatore Paul Laverty con cui collabora da trent’anni, raccontava la storia di un pub in un piccolo paese nel nord est dell’Inghilterra sconvolto dall’arrivo di rifugiati siriani cui il governo ha concesso il visto. La comunità è dilaniata dalla chiusura delle miniere decisa da Margareth Thatcher nel 19874. Un messaggio di solidarietà e resistenza che lasciava intravedere la possibilità di una speranza. “La speranza è una questione politica – aveva dichiarato in un’intervista a L’Unità – Se le persone hanno speranza vuol dire che credono di poter cambiare le cose e questo le porta a sinistra. Se non hanno speranza significa che non credono nella loro forza, sono ciniche, vulnerabili e vivono nella disperazione ed è lì che passano a destra”.

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