Netanyahu prepara il rastrellamento di Rafah: così verranno deportati i palestinesi

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La chiamano “evacuazione”. Ma il termine più appropriato è deportazione. Israele sta acquistando 40.000 tende per preparare l’”evacuazione “di centinaia di migliaia di palestinesi dalla città di Rafah, nel sud di Gaza: lo afferma un funzionario israeliano all’Associated Press, ripresa dal Guardian. L’altro ieri il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha annunciato che è stata fissata una data per l’invasione israeliana dell’ultima città di Gaza situata al confine con l’Egitto. Si stima che circa 1,5 milioni di palestinesi si siano rifugiati nella città meridionale dopo essere fuggiti dai bombardamenti israeliani in altre parti del territorio.

“Completeremo l’eliminazione dei battaglioni di Hamas, anche a Rafah. Non c’è forza al mondo che ci fermerà. Ci sono molte forze che tentano di farlo, ma non aiuterà, perché questo nemico, dopo quello che ha fatto, non lo farà più”, proclama Netanyahu parlando ad un corso di addestramento per le nuove reclute. Netanyahu ha poi ricordato che Hamas «fa parte dell’Asse del male iraniano che mira a distruggere Israele. Quando sconfiggiamo Hamas – ha detto – non stiamo sconfiggendo solo la fazione ma l’Asse».

Hamas afferma che le parole del premier israeliano su un’imminenza di un attacco di terra a Rafah “sollevano interrogativi sullo scopo della ripresa dei negoziati”. “Il successo di qualsiasi negoziato dipende dalla fine dell’aggressione”, ha detto all’emittente araba al- Jazeera il portavoce ddi Hamas Sami Abu Zahry. Le richieste di Hamas “sono chiare: la fine dell’aggressione contro il nostro popolo”, ha aggiunto Zahry. I corpi di 409 persone, alcuni dei quali in stato di decomposizione, sono stati recuperati finora dagli operatori della protezione civile nell’area del complesso ospedaliero Al-Shifa a Gaza City e a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, dopo il ritiro nei giorni scorsi delle forze israeliane da entrambe le zone.

Lo riporta l’agenzia di stampa palestinese Wafa, precisando che sono ancora in corso le operazioni di recupero di altri possibili corpi alla luce delle segnalazioni giunte da famiglie alla ricerca dei propri cari. Negli ultimi 6 mesi, a Gaza, ogni 15 minuti circa un bambino ha perso la vita. Per ricordare tutti loro e come monito alla comunità internazionale affinché si adoperi per fermare queste morti, lo staff di Save the Children si è riunito in prossimità della sede di Roma dell’Organizzazione, esponendo uno striscione con il terribile dato.

Inoltre, lo staff, in silenzio, ha deposto sulla scalinata in prossimità del palazzo, una serie di oggetti che rappresentano l’infanzia rubata ai bambini che vivono in zone di conflitto, a Gaza e in tante altre crisi dimenticate. Sei mesi di guerra che hanno portato la popolazione allo stremo e sull’orlo di una crisi umanitaria senza precedenti. La distruzione di scuole e ospedali a Gaza è diventata la norma, e la maggior parte dei bambini è privo di cibo e non può ricevere nemmeno le cure più elementari. Circa 30 dei 36 ospedali sono stati bombardati e il sistema sanitario è ormai al collasso.

Inoltre, da ottobre, l’escalation del conflitto ha danneggiato o distrutto quasi il 90% degli edifici scolastici e metà della popolazione sta affrontando un livello catastrofico di insicurezza alimentare, con zone come quelle del nord del Paese che sono a rischio di carestia, si legge in una nota. Sul piano diplomatico, il ministro degli Esteri francese Stéphane Sejourne ha suggerito alla comunità internazionale di imporre sanzioni a Israele per poter aumentare gli aiuti da destinare alla popolazione della Striscia di Gaza e aprire altri valichi.

“Dobbiamo avere una leva per esercitare influenza, arrivando fino alle sanzioni, per consentire agli aiuti umanitari di superare i punti di controllo”, ha detto Séjourné in un’intervista a France 24.  “La Francia è stato uno dei primi paesi a proporre sanzioni dell’Unione Europea contro i coloni israeliani che commettono atti di violenza in Cisgiordania. Continueremo, se necessario, a chiederle per ottenere l’apertura degli aiuti umanitari”, ha aggiunto il capo del Quai d’Orsay. E l’Italia?

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