Netanyahu prepara l’invasione di Rafah, corsa contro il tempo per trattare sugli ostaggi

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Forse attendono la notte, con l’inizio di shabbat. Israele stringe i tempi dell’attacco a Rafah, ultima roccaforte di Hamas nel sud di Gaza dove potrebbero essere tenuti prigionieri gli ostaggi, e rifugio per oltre un milione di palestinesi in fuga.

L’esercito ha ammassato decine di carri armati e veicoli blindati lungo il confine meridionale con Gaza, al valico israeliano di Kerem Shalom, vicino a Rafah, come hanno riferito giornalisti che hanno visto il movimento dei mezzi militari.

Un’operazione sostanzialmente già annunciata nel pomeriggio di giovedì, quando l’esercito israeliano (Idf) ha informato il governo che le sue forze hanno completato i preparativi per entrare a Rafah e che la data dipende solo dal gabinetto di guerra.

Uscendo dal teso e prolungato gabinetto di guerra, un alto ufficiale israeliano ha parlato chiaro: «Siamo diretti a Rafah senza dubbio. Non c’è contraddizione tra questa operazione e un accordo per la restituzione degli ostaggi. Più ci avviciniamo a Rafah, più il coinvolgimento egiziano aumenta, naturalmente».

L’operazione militare s’intreccia con la vicenda degli ostaggi ancora in mano ad Hamas e ad altri gruppi armati palestinesi. Israele accetterà un accordo che preveda il rilascio di almeno 33 ostaggi, tra donne, anziani e feriti. Lo riferisce un alto funzionario israeliano ai media al termine dei colloqui tra Israele e la delegazione egiziana.

«Non permetteremo ad Hamas di parlare di 20 ostaggi come ha fatto» in precedenza, ha sottolineato la fonte a Channel 12. Il funzionario ha poi aggiunto che lo Stato ebraico è disposto a fare importanti concessioni come il ritorno dei palestinesi nel nord di Gaza e il ritiro dell’esercito dal Corridoio Netzarim che taglia in due la Striscia.

Intanto, sono 34.356 i palestinesi morti a Gaza, mentre i feriti sono 55.368. Tra i morti, oltre 13.800 sono bambini. Tra loro c’è Sabreen al-Sakani, la bambina nata con un parto cesareo d’urgenza nell’ospedale di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, mentre la madre moriva dopo che la sua casa era stata colpita da un raid aereo israeliano.

Lo riporta la Bbc scrivendo la parola fine a una storia che era diventata il simbolo della speranza nella Striscia e a un successo dei medici che erano riusciti a estrarre viva la neonata dal ventre della madre morente e a rianimare la bambina pompandole aria nei polmoni.

La madre, incinta di 30 settimane, era stata uccisa insieme al marito Shukri e all’altra figlia di tre anni Malak mentre dormivano. La neonata che portava in grembo era viva dopo il cesareo ed era stata trasferita in una incubatrice dopo essere stata stabilizzata.

Le sue condizioni erano comunque state giudicate da subito critiche. La nonna materna Mirvat al-Sakani aveva detto alla Bbc che avrebbe adottato la bambina. Ora Sabreen, a cui è stato dato il nome della madre, è stata sepolta insieme a lei.

Sabreen è tra i 16 bambini che sono stati uccisi in due raid aerei lanciati dalle Forze di difesa israeliana su Rafah lo scorso fine settimana. Tutti sono stati uccisi in un bombardamento che ha preso di mire il complesso residenziale dove vivevano.

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