Omicidio Pantano, condanna definitiva per Arcieri e i fratelli Strangis

Omicidio Pantano, condanna definitiva per Arcieri e i fratelli Strangis

Il Quotidiano del Sud
Omicidio Pantano, condanna definitiva per Arcieri e i fratelli Strangis

Condanna a trent’anni di carcere ciascuno per i fratelli Strangis e Vincenzo Arcieri, la Cassazione mette la parola fine per esecutori e mandante dell’omicidio Pantano del 2005

DEPOSITATA la sentenza con cui la Cassazione ha confermato tre condanne a 30 anni di carcere ciascuno nei confronti di Gino e Pino Strangis, di 55 e 49 anni, e di Vincenzo Arcieri, 64 anni. I fratelli Strangis sono stati ritenuti gli esecutori dell’omicidio di Filippo Pantano, ucciso a fucilate nella tarda serata del 20 luglio del 2005 mentre rincasava nella sua abitazione di Martirano Lombardo, mentre Arcieri è stato ritenuto il mandante.

I fratelli Strangis avrebbero agito sotto l’influenza delle famiglie Arcieri – Cappello nell’ambito della cosca Giampà, legati di fatto – per l’accusa – al “controllo” della zona a monte di Lamezia Terme, al fine di riappropriarsi della gestione delle estorsioni alle imprese e ditte operanti nell’area suddetta sulla quale Pantano, che a sua volta sarebbe stato legato alla consorteria dei Iannazzo-Cannizzaro-Daponte – stava cercando di imporre la propria egemonia.

CONDANNA DEFINITIVA PER L’OMICIDIO PANTANO, I FATTI

Pantano da più di un anno era stato assunto, con mansioni di guardiania nel cantiere, dalla ditta SICIM che stava realizzando il metanodotto tra Lamezia Terme e Martirano, una circostanza fatale – secondo il contesto investigativo – che alla fine gli costò la vita. Gino Strangis, esecutore materiale e il fratello Pino, complice, detti i “pilichei”, erano considerati una cosca satellite degli Arcieri e quindi vicini alla cosca Giampà tant’è che per l’omicidio arrivò anche il benestare di Giuseppe Giampà, ex padrino dell’omonimo clan (collaboratore di giustizia da settembre 2012). Dopo 13 anni dall’agguato, come si ricorderà, a ottobre del 2018, sulla base delle indagini della Squadra mobile e anche delle rivelazioni di numerosi pentiti, il gip distrettuale firmò l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Arcieri e i fratelli Strangis su richiesta dell’allora pm della Dda Elio Romano.

Le armi per uccidere Pantano sarebbero stato fornite da Rosario Cappello (pentito e cognato di Arcieri) e da Giuseppe Giampà. L’omicidio di Filippo Pantano si verificò nel corso della notte del 20 luglio 2005, a Martirano Lombardo, mentre Pantano stava rientrando a casa a bordo della sua autovettura dopo una serata passata, in compagnia di amici e del fratello Giovanni, nell’abitazione di Pierino Isabella, allorquando era stato attinto da numerosi colpi di arma da fuoco, esplosi alcuni da un fucile automatico Benelli calibro 12 e uno da una pistola calibro 9×21, quest’ultima con matricola abrasa, che ne avevano provocato la morte, avvenuta pochi attimi dopo il suo ricovero nell’ambulanza chiamata per il soccorso.

LE ARMI UTILIZZATE PER L’OMICIDIO

Le due suddette armi utilizzate per il delitto erano state ritrovate poche ore dopo all’interno di una Fiat Croma incendiata rinvenuta sul monte Reventino, che era risultata essere di provenienza furtiva, sottratta al suo legittimo proprietario il giorno precedente l’omicidio. All’iniziale stasi delle indagini, dopo che le dichiarazioni di alcuni dei collaboratori di giustizia non erano state considerate adeguate a sostenere l’ipotesi di accusa, con conseguente archiviazione, era seguita l’acquisizione di altri contributi dichiarativi che aveva condotto gli inquirenti alla riapertura delle indagini stesse.

Le affermazioni relative ai fatti provenienti, a vario titolo e per diverso ambito, da Giovanni Pantano, Rosario Cappello, Giuseppe Giampà, Saverio Cappello, Angelo Torcasio, nonché da Pasquale Giampà e Domenico Giampà avevano determinato l’elevazione a carico dei Vincenzo Arcieri, Pino Strangis e Gino Strangis dell’accusa di omicidio aggravato e per i due Strangis anche dei reati in materia di armi. A ottobre del 2020 il gup al termine del processo celebratosi con il rito abbreviato, condannò all’ergastolo i due fratelli e a 30 anni Arcieri (oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili Rosina Mastroianni, nella misura di euro 200.000, e Giovanni Pantano e Turo Pantano, nella misura di euro 130.000 ciascuno).

LA CONDANNA IN APPELLO PER L’OMICIDIO PANTANO

A giugno 2022 la Corte d’Appello riformò la sentenza condannando i tre imputati a 30 anni ciascuno. La sentenza è stata poi impugnata per Cassazione dai dai legali degli imputati, l’avvocato Vincenzo Galeota in difesa di Vincenzo Arcieri e Pino Strangis; l’avvocato Aldo Ferraro, in difesa di Vincenzo Arcieri e Pino Strangis; l’avvocato Giuseppe Spinelli, in difesa di Gino Strangis e l’avvocato Franco Carlo Coppi, in difesa di Gino Strangis. Ricorsi che alla fine sono stati rigettati dalla Cassazione per cui le condanne sono divenute definitive sul delitto Pantano. Un agguato ben studiato nei confronti di Pantano, considerato un personaggio emergente nell’ambito della malavita della zona montana del Lametino. Era considerato vicino alla cosca Iannazzo e per i lavori di realizzazione del metanodotto fra Lamezia, Conflenti e Martirano Lombardo – secondo quanto emerso dalle indagini – aveva ottenuto l’incarico di guardiano dagli stessi Iannazzo.

Ma la zona montana di Lamezia era anche sotto l’influenza della cosca Arcieri – Cappello, affiliata ai Giampà, per cui Pantano avrebbe dato fastidio e da qui la decisione di eliminarlo. Decisione che veniva adottata d’intesa con i vertici delle famiglie Cappello- Arcieri, e quindi in particolare con Rosario Cappello e Arcieri, il quale peraltro vantava – secondo quanto emerse dalle indagini sul movente – anche motivi personali di astio che avrebbero spinto Arcieri a vendicarsi nei confronti di Pantano, in quanto quest’ultimo, in precedenza, durante un periodo di co-detenzione nel carcere di Cosenza, gli avrebbe mancato di rispetto.

Il Quotidiano del Sud.
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