Perché Salvini ha candidato Vannacci: le europee situazioniste della Lega

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Grande attesa, risultati modesti. Matteo Salvini e Roberto Vannacci, insieme per la prima volta sul palco per un comizio elettorale camuffato da presentazione del libro del leghista Controvento, non hanno dato spettacolo.

Il generale, che nel clima tra il surreale e il situazionista che connota questa campagna elettorale pare vorrebbe figurare in lista proprio così, col grado al posto del nome, da esperto in materia alla Difesa europea non ci crede: “Chi decide chi fa l’intendenza e chi va a morire, tanto per fare un esempio? Molto meglio il coordinamento tra eserciti delle diverse nazioni”.

Salvini lamenta il troppo tempo che deve sprecare in un processo che rischia di costargli 15 anni di galera per “aver difeso i confini come ordina la Costituzione”. Il graduato corre in rinforzo.

È pieno così di Paesi che i confini li proteggono, l’immigrazione clandestina la combattono sul serio, anzi la debellano e nessuno si sogna di revocarne in dubbio i quarti di democrazia, come l’Australia o l’Inghilterra.

Il leader e il candidatissimo duettano, si scambiano la palla, si vede che concordano davvero, non è solo scena a uso delle telecamere. Il crocefisso ossessiona l’uno e l’altro.

Perché quella è l’identità italiana ed europea. La società multiculturale fa venire l’orticaria al Capitano e al Generale in egual misura: “Stiamo cedendo interi pezzi di società al fanatismo islamico e rischiamo di pentircene quando sarà troppo tardi. Il generale lo ha scritto chiaramente” dà il la il primo e lo scrittore non si fa pregare: “Ma chi l’ha detto che una società multiculturale, che mette in dubbio il concetto di patria, sia la soluzione migliore?”.

Di certo non lui, che si è candidato con la Legapensando alle mie figlie per dar loro un futuro migliore, un’Italia e un’Europa più identitarie”.

In fondo proprio l’identità è la chiave di queste elezioni europee. Quella di partito però molto più che non quella europea. C’è chi ha scelto di farsi vessillo di se stesso, Giorgia detta Giorgia su tutti ma anche Tajani, Calenda, Elly Schlein a metà, come si conviene alla tradizione del Pd condannato a dover mediare su tutto e per questo ancora in attesa di nascere davvero a 16 anni dalla messa al mondo formale.

C’è chi è andato a cercare col lumicino uno o più nomi da trasformare in bandiera, dichiarazione d’intenti, incarnazione se non di un programma, parola forte, almeno di un’ispirazione.

Salvini ha trovato un avatar che riassume davvero il suo progetto per intero e se non raggiungerà i risultati sperati il generale andrà comunque a Strasburgo, il progetto di Lega nazionale d’estrema destra finirà nel cestino.

Avs si è scelto con cura candidati in grado di incarnare tutti quella funzione identitaria, Mimmo Lucano, Ignazio Marino, Leouca Orlando, Massimiliano Smeriglio e il colpo grosso lo ha fatto con Ilaria Salis perché la sua presenza offre a chi non trovava motivi per andare alle urne la possibilità di un voto la cui “utilità” è effettiva e concreta.

I 5S, il cui leader non aveva voglia di bruciarsi le chances di dare la scalata alla candidatura nelle politiche si affidano in parte alla parola Pace aggiunta al simbolo ma anche a un paio di nomi forti.

Al Centro c’è Carolina Morace, una delle calciatrici e poi allenatrice più famose d’Italia, lesbica e sposata (due volte) con la stessa donna. Insomma, tallona Elly Schlein sul suo stesso terreno. Renzi tiene la suspence fino all’ultimo.

A sera è l’unico tra i leader a non aver ancora sciolto la riserva. Nella Lista Stati Uniti d’Europa a cui ha dato vita con la +Europa di Emma Bonino (capolista nel Nord-Ovest e al Centro) ci sarà la famiglia Mastella, rappresentata dalla consorte di Clemente, Sandra, in lista col però cognome del marito mentre non ci sarà il genero di Totò Cuffaro Marco Zambuto, sindaco di Agrigento.

Sembrava fatta poi è saltato tutto. E Matteo? Candidato in quattro circoscrizioni su cinque, ma sempre all’ultimo posto in lista. Sono europee situazioniste queste…

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