Polemiche sulle tessere: se il Pd è di sinistra sceglie Berlinguer, non De Gasperi

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Nella tessera del Pd del 2024 ci sarà il volto di Berlinguer. Per la precisione uno spicchio del suo viso: gli occhi sorridenti. A me sembra una buona idea. Per due ragioni.

La prima è che in quest’epoca di politica debole è buono il richiamo alla politica forte. E Berlinguer fu un esponente fortissimo della politica italiana. Con la sua azione, le sue idee e le sue lotte ha lasciato un segno profondissimo nel nostro paese.

La seconda ragione è che Berlinguer fu indiscutibilmente un leader della sinistra italiana. E il Pd, richiamandosi alla sua figura, conferma di essere un partito di sinistra. E questo è molto importante, perché se noi dovessimo stabilire che il Pd non è un partito di sinistra – ma è un partito trasversale o di centro – ci troveremmo di fronte alla drammatica contingenza di uno dei grandi paesi europei privo di una sinistra, o quantomeno con una piccolissima sinistra che riesce a raccogliere meno del 10 per cento dei voti.

Direi che per fortuna non è così. E la scelta dell’attuale gruppo dirigente del Pd ci conferma che non è così. Però le polemiche scatenate dalla scelta di usare il volto di Berlinguer dimostra che la collocazione a sinistra del Pd non è così scontata.

E che, forse anche al suo interno, ci sono componenti che questa scelta non la condividono, o non la capiscono. Per esempio Pierluigi Castagnetti ha contestato la decisione del Nazareno. E ha chiesto che l’anno prossimo sulla tessera del Pd appaia l’immagine di De Gasperi o quella di Sturzo, o di tutti e due.

A me questa non sembra una questione puramente di immagine, né una questione minore. A me pare sia un passaggio piuttosto importante. Mi spiego: che senso avrebbe un Pd che si presenta con l’immagine di Alcide De Gasperi?

Forse occorre ricostruire, seppure molto schematicamente, la figura di De Gasperi. Che è stato uno dei più grandi statisti europei del dopoguerra. Come Adenauer, come De Gaulle. E che però era in modo incontrovertibile un leader di destra.

De Gasperi è l’uomo che ha espulso dal governo unitario del paese – su ordine degli americani – i comunisti e i socialisti e una parte degli azionisti. De Gasperi è l’uomo che ha sfidato e sconfitto i comunisti e i socialisti alle elezioni del 1948, in una delle campagne elettorali più furiose e anche violente di tutta la storia della Repubblica.

De Gasperi è l’uomo che ha guidato le più aspre campagne antisindacali, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. De Gasperi è l’uomo che ha guidato i governi negli anni nei quali furono arrestati o costretti a fuggire all’estero centinaia di militanti comunisti.

De Gasperi è l’uomo che ha concepito e fatto approvare una legge elettorale (la famosa legge truffa del 1953 ) che serviva a far guadagnare al centrodestra una schiacciante maggioranza parlamentare che permettesse di cambiare la Costituzione e probabilmente anche di mettere fuorilegge i comunisti.

Pubblichiamo il testo di una vecchia canzone che i comunisti cantavano alle feste dell’Unità: si riferisce proprio alle elezioni del 1948, e cioè alle elezioni che determinarono una svolta nel paese che durò almeno fino al 1963 (quando i socialisti di Nenni furono riammessi al governo).

Il 18 aprile è il giorno nel quale si svolse quella consultazione elettorale che portò la Democrazia Cristiana, fortissimamente sostenuta dal Vaticano e dagli americani, a conquistare il 48 per cento dei voti, mentre il Fronte popolare (comunisti e socialisti, con nel simbolo il volto di Garibaldi) si fermarono al 30 per cento.

Fece bene De Gasperi a mantenere un profilo di destra? Non lo so: io credo di no, ma naturalmente sono del tutto legittime le posizioni di chi pensa che fece bene e che salvò l’Italia dal pericolo comunista. L’unica cosa che non si può dire è che De Gasperi fosse di sinistra. Oltretutto mi pare che dirlo sarebbe portargli una offesa.

Così come non furono certo di sinistra altri statisti europei, che ho appena citato, come De Gaulle o Adenauer. Erano grandi statisti, ma erano di destra. Gli statisti europei di sinistra sono altri: Mitterrand, Brandt, Palme, Schmit.

L’idea che si possano mischiare le carte solo perché una parte degli eredi della Democrazia Cristiana, con la nascita del Pd, si è spostata a sinistra – e in parte si era già spostata a sinistra dopo gli anni Sessanta – è un’idea utile soltanto a fare confusione. Nella stessa Democrazia cristiana dell’epoca di De Gasperi c’erano forze e uomini e donne di sinistra che contestavano De Gasperi.

Penso a Dossetti, a La Pira, che erano i più radicali, ma anche a personaggi come Marcora e Gui, meno famosi, meno radicali, che tuttavia si opposero a De Gasperi. Gui (che era un vero galantuomo e che poi fu travolto da uno scandalo vigliacco, organizzato dalla magistratura e dai giustizialisti ante-litteram) addirittura votò contro l’adesione dell’Italia alla Nato.

Berlinguer in quegli anni era molto giovane. Ma era già in politica. Era il capo dei giovani comunisti ed era molto apprezzato da Togliatti. Aveva, già allora, la convinzione che una intesa tra la sinistra, in particolare i comunisti, e una parte del mondo cattolico fosse necessaria e naturale.

Con una parte del mondo cattolico – ripeto – non con De Gasperi e Sturzo. In un’epoca nella quale la Chiesa era ancora su posizioni moderate, o forse è meglio dire reazionarie. Il Concilio (cioè la rivoluzione di Giovanni XXIII) era ancora inimmaginabile, anche se già dentro il mondo cattolico fremevano forze progressiste.

Vogliamo fare qualche nome? Visto che oggi il Csm ha ricordato Vittorio Bachelet possiamo citare proprio Bachelet. Che era già “conciliarista”). Sapete chi era a Padova il capo dei giovani di Azione Cattolica? Si chiamava Antonio Negri, detto Toni.

Berlinguer è l’uomo del compromesso storico. E soprattutto l’uomo del governo di unità nazionale. Aveva enormi capacità tattiche, grande fantasia politica. Fu lui ad immaginare l’alleanza con la Dc, e precisamente con Moro e Andreotti, per dare all’Italia un governo che facesse le riforme necessarie e imprimesse una spinta moderna al paese.

Nel giro di sei mesi, nel 1978, Berlinguer ottenne la riforma sanitaria, la riforma psichiatrica, la riforma dei patti agrari, la riforma dello Stato di famiglia, l’equo canone e l’aborto. Pochi anni prima aveva ottenuto la riforma delle buste paga con la conquista del punto unico di scala mobile.

Berlinguer spinse l’Italia verso un orizzonte di socialismo, avanzatissimo, che tagliava la strada sia allo stalinismo, sia alla supremazia liberista. Quando il governo di solidarietà nazionale fu sconfitto, e mentre nel mondo soffiava travolgente il vento di Reagan e della Thatcher, e quando il Pci fu spinto all’opposizione, Berlinguer combatté la sua ultima battaglia, quella per salvare i salari dal taglio della scala mobile.

La perse quella battaglia. Berlinguer non è solo romanticismo, non è solo la sua morte, non è solo la sua granitica figura morale, Berlinguer è l’uomo delle conquiste. Concrete. È il capo del Pci – anche se all’epoca era solo vicesegretario – che sostenne i sindacati nell’autunno caldo, che strappò i rivoluzionari contratti dei metalmeccanici del 1969 e del 1972.

Berlinguer, è l’uomo che più di tutti gli altri ha pesato nella modernizzazione dell’Italia e nella lotta alle ingiustizie sociali. È quel volto lì – spero – che va sulla tessera del Pd. È una promessa. È l’impegno a tenere il Pd sul versante della sinistra. E questo non vuol dire estremismo. Non vuol dire demagogia.

Non vuol dire “operazione nostalgia”. Vuol dire: ritorno alla politica. E anche – se posso esagerare – alla lotta di classe. Visto che la lotta di classe non è mai finita: il rischio, se la sinistra non si muove, e che la combattono solo gli altri….

 

Quel 18 aprile

Vi ricordate quel diciotto aprile
D’aver votato democristiani
Senza pensare all’indomani
A rovinare la gioventù
O care madri dell’Italia
E che ben presto vi pentirete
I vostri figli ancor vedrete
Abbandonare lor casolar
Che cosa fa quel Mario Scelba
Con la sua celere questura?
Ma i comunisti non han paura
Difenderanno la libertà

di Luigi Bellotti

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