Poliziotto costretto al test per l’omosessualità, l’umiliazione da colleghi e superiori: “Deriso, vorrei le scuse”

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Più che i 10mila euro che il Dap, Dipartimento amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, dovrà risarcirgli come danni morali, lui vorrebbe delle scuse da chi lo ha vessato.

Lui è Francesco, 34 anni, agente di polizia penitenziaria che nel settembre del 2020 fu sottoposto dai suoi superiori del carcere di Vercelli in cui lavorava alla gogna perché “sospettato” di essere omosessuale.

Le “accuse” di essere omosessuale

Francesco fu così costretto a sottoporsi a visite psichiatriche. Perché si voleva “fare chiarezza sulla sua personalità”, ovvero sapere se fosse omosessuale, come da accuse di alcuni detenuti che avevano denunciato sue presunte avances.

Al Corriere della Sera il 34enne, ora in servizio al carcere di Foggia, racconta come è nata la vicenda che ha portato il Tar del Piemonte a condannare il Dap a risarcirlo.

“Un giorno un ispettore mi convoca nel suo ufficio e inizia a farmi domande strane sulla mia famiglia e se fossi felice. Poi d’un tratto mi chiede “ma tu sei attratto dagli uomini?” Io rimango sbigottito. Dico di no e lui insiste”, racconta.

Il giorno dopo viene nuovamente convocato, gli viene spiegato delle accuse di un paio di detenuti sulle presunte avances sessuali. “In pratica – dice Francesco – mi hanno sottoposto a un interrogatorio scambiandosi sorrisini: “Ammettilo, non c’è niente di male. Se lo ammetti, finisce qui”. Ma perché dovevo dire il falso?”.

Quindi viene convocato dal direttore in presenza di un medico: “Mi spiega che avrei dovuto sottopormi a dei colloqui psichiatrici per capire se fossi omosessuale. Insisto nel dire che non è così e mi sento rispondere “staremo a vedere””. In ospedale a Milano, dove viene sottoposto ai test, erano invece imbarazzati: “Ma nella relazione del comandante c’era scritto che dovevano fare “chiarezza sulla mia personalità” e non potevano respingere la pratica””.

Le discriminazioni dei colleghi

A quel punto il 34enne non presta più servizio per un paio di mesi, al ritritò gli assegnano un incarico che non prevede il contatto con i detenuti “nonostante dai test non fosse emerso nulla”.

Ma il peggio arriva col comportamento dei suoi colleghi. “Mi passavano davanti e si davano di gomito. Tanti sono spariti, mi evitavano. Anche la mia famiglia ha subito questo clima discriminatorio. Alla fine ho chiesto il trasferimento”.

Anche per questo Francesco ha chiesto aiuto al sindacato Osapp. “Vogliono portare la vicenda all’attenzione del ministro Nordio. Quello che mi è accaduto è inaccettabile. Il nostro è un lavoro difficile: ho un carattere forte e ho reagito. Ma di recente un collega si è tolto la vita perché veniva deriso per la sua omosessualità. Questo non deve accadere”.

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