Riformare i servizi psichiatrici: più sicurezza e responsabilità

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È passato un anno dall’omicidio della psichiatra Barbara Capovani ed apprezzo le iniziative della Società Italiana di Psichiatria. È un giorno di lutto che idealmente ricorda anche la psichiatra Paola Labriola uccisa a Bari nel 2013 ed altri operatori meno noti come la terapista della riabilitazione Nadia Pulvirenti (Brescia, 2017), il medico di medicina generale Claudio Carosino (Busseto, 2010) e l’educatore Ateo Cardelli (Imola, 2000).

Morti sul lavoro e nelle attività di cura da rendere più sicure anche per i pazienti: Giuseppe Casu, Francesco Mastrogiovanni, Elena Casetto, Abdel Latif … La qualità e la sicurezza delle cure richiedono azioni multilivello. Ben venga la possibilità di intervenire da parte delle Forze dell’ordine ma non basta.

Occorre affrontare gli aspetti strutturali dei servizi e degli ospedali. Luoghi troppo spesso insicuri con aree di sovraffollamento ed altre isolate e poco illuminate, con sistemi antincendio, di sorveglianza e allarmi carenti, fino a servizi inadeguati e degradati.

Nel bello si cura meglio. Gli arredi e le dotazioni tecnologiche di servizio e individuali, devono essere adeguate con sicure vie di fuga. A volte per questo a volte basta girare il mobilio. Poi serve un’adeguata dotazione di personale e risorse, assai lontane dal 5% della spesa sanitaria,  l’organizzazione e la formazione di tutti gli operatori, dei pazienti, dei familiari e dei volontari.

Una sicurezza come prodotto relazionale costruita tra pari nella reciproca responsabilità. Certe attività sono a costi limitati, altre richiedono finanziamenti. Potrebbe essere un bel segnale un’indennità e il riconoscimento come usurante il lavoro in psichiatria.

Magari togliendo anche la posizione di garanzia nelle forme possibili contro lo psichiatra, chiamato all’impossibile compito di curare e custodire insieme, di prevedere e prevenire. La situazione è variegata ed ogni piano o provvedimento dovrebbe tenere conto delle differenze regionali.

Come noto per la legge 81 la lista di attesa per l’ingresso in REMS è un problema per cinque regioni ed un intervento nazionale basato su queste realtà essere inadatto o eccessivo per le altre. La sicurezza si costituisce nell’appropriatezza delle cure respingendo richieste custodiali. Per  evitare improprie degenze in SPDC o permanenze in carcere occorrono fondi per misure alternative, budget di salute, case, formazione lavoro e inclusione sociale.

Per l’atto commesso tutte le persone devono avere il diritto al processo e, se colpevoli condannate a una pena con le caratteristiche previste dall’art. 27 della Costituzione. La proposta di legge depositata alla Camera (n. 1119/2023) da Riccardo Magi abolisce il doppio binario del Codice Rocco e può rifondare su basi nuove il “patto sociale”, la giustizia e la cura delle persone con disturbi mentali, con la possibilità di misure alternative alla detenzione.

Da investimenti secondo i bisogni delle persone e le differenze regionali, tramite il dialogo aperto previsto dalla legge 180, può nascere un Piano, dedicato a Barbara Capovani, per la sicurezza delle cure e l’affermazione di una responsabilità terapeutica.

*Direttore Dipartimento Salute Mentale di Parma

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