Salvatore Coppola ucciso a Napoli a San Giovanni: c’è un mandante che avrebbe pagato 20mila euro per l’omicidio

RMAG news

Secondo la Procura di Napoli c’è un mandante per l’omicidio di Salvatore Coppola. A commissionare la morte dell’ingegnere di San Giovanni a Teduccio, quartiere dell’area Est di Napoli, sarebbe stato l’imprenditore 72enne Gennaro Petrucci, marito del simbolo antiracket Silvana Fucito. La notizia è stata riportata da La Repubblica. L’uomo è ora in carcere, per il Gip c’erano tutti gli estremi della misura cautelare detentiva, in quanto Petrucci qualche giorno dopo il delitto è partito per una crociera. Il movente che avrebbe spinto l’imprenditore a vendicarsi della vittima, sarebbe riconducibile alla vendita all’asta di una villa di Portici (località vesuviana in provincia di Napoli) dove tutt’oggi vivono i Petrucci.

Salvatore Coppola: chi è il mandante dell’omicidio e perché ne ha commissionato il delitto

Per gli inquirenti, che avrebbero nelle intercettazioni captate tra i parenti di Mario De Simone – il presunto assassino (già arrestato ed oggi detenuto) – la prova cardine dell’indagine, tutto risale a quando i coniugi Petrucci avevano denunciato Coppola  di essere a capo della società aggiudicataria dell’asta, finanziata da un altro imprenditore – Salvatore Abbate – già coinvolto in indagini per riciclaggio. L’ingegnere ammazzato avrebbe fatto pressioni sulla coppia per fargli lasciare la casa e avrebbe addirittura pedinato la Fucito, dopo che quest’ultima aveva denunciato gli estorsori da lei accusati di aver incendiato la sua attività commerciale. La donna non è indagata.

Chi è Salvatore Coppola e chi sono Gennaro Petrucci e Silvana Fucito

La morte di Coppola sarebbe costata a Petrucci 20mila euro. L’ingegnere in passato è stato coinvolto e condannato per una vicenda che fece emergere il rapporto a tre tra politica, imprenditoria e camorra. Accusato di favoreggiamento e riciclaggio, decise di pentirsi per poi interrompere la sua collaborazione con lo Stato nel 2011. Si sentiva al sicuro, tanto da abbandonare il quartiere Vomero – dove si era trasferito – per tornare a casa sua, a San Giovanni. Nel 2021, nell’ambito di un’altra indagine sulle attività illecite della camorra nella Capitale, disse al pm: “Ero un ingegnere immobiliarista e conoscevo personalmente il capo del clan, Vincenzo Mazzarella, mi occupavo di aste giudiziarie. Ho favorito il clan facendo conseguire dei profitti grazie ad agevolazioni in acquisizioni immobiliari, informazioni su lavori pubblici, aste ed altro. Non ero affiliato, ma ero una figura di riferimento“.

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