Schlein in trappola: tra Conte e cacicchi il Pd in trappola

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Il ginepraio pugliese è lo specchio fedele delle difficoltà nelle quali si dibatte la segretaria Elly Schlein, rispecchiato dal silenzio fragoroso della segretaria. Sul Fatto di ieri, testata non scelta a caso essendo l’house organ del M5s, il governatore Emiliano è stato esplicito: “Faremo quel che ci chiedono i 5s”.

Accettate le condizioni di Conte, di fatto un commissariamento del Pd da parte del Movimento, Emiliano si augura che “si chiuda questa parentesi anche prima delle europee”. Insomma, punta sul rientro dei 5S e per il momento esclude ogni possibilità di azzerare la Giunta.

L’asse tra Conte e il governatore col quale in teoria dovrebbe essere ai ferri corti moltiplica le difficoltà della segretaria ed è l’ennesima dimostrazione della spregiudicatezza con la quale si muove il leader dei 5S. Schlein è infatti tra due fuochi.

Da un lato c’è l’incalzare del Movimento, che si è autonominato garante della moralità del Pd e poco male se la cosa dovrebbe essere inaudita e inaccettabile. Dall’altro i potentati locali che resistono e che la segretaria, alla viglia delle europee prima e delle regionali 2025 poi, non se la sente di sfidare.

Il suo gruppo dirigente, quello che in larga misura è arrivato direttamente al vertice del Nazareno con provenienza esterna al Pd, scalpita, vorrebbe portare l’offensiva fino in fondo a partire proprio dalla Puglia.

Cosa significa lo spiattella uno di quei dirigenti: “Azzeramento della giunta, nuove elezioni con Decaro, che ha una popolarità enorme, candidato presidente e poi commissariamento del Pd pugliese come si è fatto in Campania”.

Bonaccini, leader della minoranza, non si espone più di tanto: “Servirebbe una ripartenza, un fatto nuovo. Conte ha il diritto di pretendere che di fronte a fatti gravi ci si comporti come di dovere. Ma il Pd non prende lezioni di moralità da nessuno”.

Quale potrebbe essere il fatto nuovo però il presidente dell’Emilia non lo dice. Perché l’ipotesi di commissariare l’Emilia è esclusa e quella di azzerare la giunta anche. Significherebbe mettersi contro l’intero sistema di potere nella Regione, con il rischio di perderla e per Elly in questo momento quella è la paura principale.

Del resto quanto flebile sia la presa della segreteria sui potentati locali la segretaria lo ha sperimentato due giorni fa di persona. Per ore lei e il capo dei senatori Boccia, il cui potere in Puglia è peraltro secondo solo a quello dello stesso Emiliano, hanno provato a convincere il Pd pugliese a espellere i tre esponenti nel mirino della magistratura, il capogruppo in Consiglio regionale Caracciolo, l’assessora arrestata Maurodinoia, il consigliere Mazzarano.

Niente da fare. Si sono dimessi o autosospesi da soli, cosa molto diversa da quella eclatante a cui mirava Elly. La segretaria è così costretta a subire l’attacco di Conte, il cui progetto non è solo imporsi come candidato naturale alla premiership per il campo largo ma anche conquistare una sorta di egemonia politico-culturale su quell’eventuale campo, perché senza i 5S teme di essere travolta nelle regionali.

Ma d’altra parte, e per la stessa paura, non può neppure portare avanti la promessa campagna contro “i cacicchi”, e finisce così per esporre il fianco allo stesso leader dei 5S che adopera la debolezza nella campagna contro i potentati locali come alibi per i suoi colpi bassi e se del caso non esita ad allearsi con lo stesso governatore che, senza essere corrotto né cacicco, ha tuttavia permesso, in 25 anni di potere quasi incontrastato nella Regione, che proliferasse il sistema basato sul trasformismo.

La segretaria spera di ottenere nelle prossime europee un risultato tale da blindarla e consegnarle la forza necessaria per affrontare i poteri locali prima delle prossime regionali. Ma anche le liste per le elezioni del 9 giugno sono al momento una spina più che una rosa.

La segretaria vuole privilegiare le candidature esterne, in nome del primato della società civile, e va da sé che l’idea non piaccia affatto al corpo del partito nei territori. Inoltre comporre le liste, trovare cioè quei candidati che accettano di mettere il loro nome senza alcuna speranza di essere eletti ma in vista di posizioni più sicure in futuro, si sta rivelando un’impresa improba. Pochi accettano di mettersi a disposizione perché pochi sperano davvero di ottenere domani una qualche candidatura reale. Troppo pochi per chiudere le liste.

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