Schlein prende a schiaffi Conte: “Cancellare le primarie un’offesa alle persone per bene”

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Che Giuseppe Conte sia un tipo spregiudicato nel Pd già lo sapevano tutti però stavolta il leader dei 5S ha picchiato duro e dove fa più male. Al Nazareno si sentono in trappola e la sola via d’uscita sembra quella indicata da Goffredo Bettini e Andrea Orlando: ricucire, costi quel che costi.

Di certo costerebbe e probabilmente costerà la testa di Vito Leccese, il candidato del Pd, con contestuale passo indietro del candidato sponsorizzato dai 5S pur provenendo da un’associazione civica, Michele Laforgia, segretario di gabinetto del sindaco Decaro e già molto vicino all’ex governatore Nicki Vendola.

Bettini non la manda a dire: “Mi appello sia a Conte che al Pd perché ritirino entrambi i candidati”. L’ex ministro Pd della Giustizia duetta e rincara, pur facendo una risibile faccia severa: “Conte fa il tentativo furbetto di speculare in un passaggio che vede un alleato in difficoltà. Ma ora bisogna cercare una terza figura che segnali la nostra capacità di reagire”.

Chi potrebbe vantare i requisiti necessari per spuntare all’ultimo momento però non è chiaro. Di certo serve qualcuno di impeccabile sul piano della legalità. Solo che nel Pd non tutti sono d’accordo nell’arrendersi a Conte.

Il capo dei senatori Boccia, pugliesissimo, per esempio vuole tener duro su Leccese e nella sala del pallottoliere fanno i conti: “Da solo al primo turno vale il 40%”. A decidere sarà la segretaria che ieri sera ha confermato a Leccese “la nostra fiducia e supporto”.

Schlein ha poi attaccato frontalmente Giuseppe Conte: “Noi siamo sempre per l’unità ma far saltare le primarie è una sberla alle persone perbene. Siamo comunque pronti a lavorare per l’unità”. Fratoianni, leader di Sinistra italiana e gran conoscitore della realtà barese, fa il paciere: “I candidati sono tutti e due ottimi: quel che gli dico è ‘Incontratevi e parlate’ “.

In effetti se non proprio a incontrarsi almeno a parlarsi, chiarirsi e far finta di riconciliarsi dovrebbero essere però anche i leader nazionali, Elly Schlein e Giuseppe Conte, perché la vicenda ha assunto nel giro di 24 ore dimensioni che vanno oltre il già molto increscioso e spinoso caso locale.

La segretaria del Pd non si aspettava lo sgambetto del semialleato, la decisione di ritirarsi dalle primarie a due giorni di distanza dalla votazione impugnando la questione morale, materia che per il Pd è incandescente. “Ci è rimasta molto male”, dicono da suo quartier generale.

Di qui l’accusa di slealtà che però manda l’ “avvocato del popolo” su tutte le furie: “Non accettiamo mancanze di rispetto. Mercoledì avevo avvertito Schlein che se ci fossero state nuove inchieste non avremmo potuto far finta di niente. L’accusa di slealtà deve essere ritirata oppure i rapporti con il Pd diventeranno molto difficili”.

Una minaccia aperta che obbliga la segretaria del Pd a una reazione, oltre che a una difficile decisione sul candidato. Il silenzio prolungato da Bari rivela quanto delicata sia la situazione e incerti i vertici del partito.

Sulla reale esistenza di una questione morale nessuno neppure al Nazareno obietta. Il caso dell’assessora Maurodinoia indagata e del marito in manette per voto di scambio è l’ennesima conferma di una realtà nota a tutti: trasformismo e mercato dei voti sono prassi e toccano anche il Pd.

Cosa c’entri questo con le primarie e con il candidato Leccese, che non è lambito da nessuna ombra, però resta oscuro. Conte, insomma, ha solo colto la palla al balzo con il doppio obiettivo di lucrare voti sfruttando la questione morale e la difesa della legalità, il campo dove i 5S giocano in casa, e di dimostrare ancora una volta che il prezzo per l’alleanza con i 5S è lasciare a loro il timone e la scelta dei candidati.

In caso contrario, in un modo o nell’altro, Conte dà la spallata. Le cose stanno così e così resteranno. L’illusione che i rapporti di forza sanciti dalle prossime europee servano a sciogliere il nodo è solo una fantasia infondata.

Il Pd deve scegliere come muoversi, se puntare i piedi, accettando il forte rischio di perdere Bari, oppure darla vinta a Conte mettendo in campo un nuovo candidato di suo gradimento. Sempre che l’avvocato si accontenti e che Laforgia accetti il passo indietro. Non è affatto detto.

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