Iran: il regime ha paura di morire e per questo uccide i giovani che protestano. Lo dicono i numeri

RMAG news

Sono state settimane nelle quali, causa il conflitto esploso tra Israele Hamas, l’Iran è tornato al centro delle cronache come potenza regionale in Medio Oriente e protagonista geopolitico. Non che l’importanza della Repubblica Islamica sulla scacchiera globale fosse stata ridimensionata. Ma la guerra, prima per procura (tramite gli islamisti nella Striscia di Gaza, gli Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen, la Jihad in Cisgiordania e le organizzazioni di miliziani in Iraq) e poi frontale contro lo Stato Ebraico, hanno rivelato un ‘nuovo’ profilo del regime degli ayatollah. Per quanto il retaggio imperiale persiano sia pregnante nelle politiche di Teheran, la dittatura religiosa è un movente ancora più forte. Così, l’aver manifestato la propria aggressività in modo così esplicito, ha dimostrato solo una cosa: ‘pasdaran & Co’ hanno paura. Di cosa? Innanzitutto, delle normalizzazioni dei rapporti tra i paesi arabi sunniti con Israele. E poi, di chi? Delle migliaia e migliaia di giovani che da due anni, senza sosta, protestano in piazza per avere laicità, diritti e libertà.

Iran: il regime e le proteste

Le proteste nelle città iraniane hanno avuto inizio a partire dal settembre 2022, quando ha perso la vita la giovane Masha Amini, ragazza uccisa dalla Polizia Morale perché ‘colpevole’ di aver indossato male il velo. Ma i moti ci sono stati anche in passato: negli anni ’80, quando – dopo nemmeno 20 mesi dalla rivoluzione islamica ed è durata 8 anni – c’è stata la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein e in tempi più recenti nel 2009 (con la nascita del famoso Movimento Verde), nel 2017 e nel 2019. Nel frattempo l’Iran ha continuato a impoverirsi, sia per le sanzioni occidentali che per l’isolamento internazionale, al quale il regime degli ayatollah non sarebbe sopravvissuto senza il supporto di CinaRussia. Ad oggi, la guerra contro Israele sta servendo alla Repubblica Islamica come arma di distrazione di massa.

I giovani uomini e donne iraniani

Per distrarre l’opinione pubblica e la comunità internazionale da due fattori. La realizzazione della bomba atomica (pare che il programma nucleare iraniano sia a buon punto) e l’aumento della repressione nei confronti dei dissidenti, soprattutto donne. Le brutalità perpetrate dalle forze dell’ordine al soldo dei pasdaran sono inimmaginabili e senza controllo. Le persone vivono nella paura. Uomini e donne, soprattutto queste ultime, sono molestate e aggredite. I giovani vengono fermati, arrestati, imprigionati e condannati (magari a morte) dopo processi sommari. La mattanza perpetrata dagli ayatollah sembra senza fine. Ma dietro la tragedia potrebbe nascondersi una scia di ottimismo. Un regime quando è alle corde esprime il massimo della violenza. E la teocrazia iraniana sta forse scrivendo gli ultimi capitoli della sua storia.

Il regime degli ayatollah è all’angolo

Lo dimostrano i numeri. Alcune statistiche estrapolate da un’attenta analisi fatta dall’associazione iraniana non governativa Shenaakht Center hanno rivelato uno scenario nel quale la gran parte della popolazione iraniana, soprattutto giovane e istruita, ne ha abbastanza del fondalismo religioso, della dittatura e della propaganda di Stato. Quest’ultimo aspetto è confermato dal crollo della fiducia che i cittadini iraniani hanno nei confronti di televisione e radio di regime. Ecco qualche dato che rende bene l’immagine un sistema sull’orlo del baratro e pronto ad implodere. Partiamo proprio dai media. Dal 1974 al 2023 il numero degli iraniani che seguono radio e tv è crollato del 30%. Negli ultimi 50 anni siamo passati da un gradimento del 70% ad uno del 40%. Il grado di fiducia nei confronti di questi mezzi di comunicazione è altrettanto calato del 30%: dall’80% degli anni ’70 al 30% del 2023.

La Repubblica Islamica è alle strette: i numeri

Nello specifico, hanno poca o pochissima fiducia circa il 30% degli uomini e le donne mentre ne hanno molta o moltissima circa il 12%. Nello specifico, i giovani hanno perso – negli ultimi 20 anni – fiducia nei media di stato: dal 43% del 2003 al 22% del 2023. Di questi circa il 29% hanno poca o pochissima fiducia, al contrario del 13% che invece dà ancora credibilità a televisione radio. Ed ora veniamo alla religione. Le persone laureate che si sono dichiarate ‘in media’ religiose sono circa il 27%. Alla specifica domanda, “quanto sei religioso?“, il campione considerato ha risposto: ‘molto‘ per il 29%, ‘poco‘ per il 24%. Il dato diventa molto discordante per quanto riguarda la fascia d’età. Il 57% degli over 50 è molto religioso. Invece, il 45% di chi ha dai 15 ai 29 anni, ha dichiarato di non esserlo affatto. La statistica è invece molto interessante rispetto al luogo di provenienza.

L’Iran e il dovere della Comunità internazionale

Chi vive nelle zone rurali e periferiche, ha affermato di sentirsi molto religioso (53%), chi risiede – invece – nelle citta capoluogo, lo è di meno (35%). È evidente che coloro che rappresentano il futuro dell’Iran vogliono un altro paese. Un paese fondato sulla libertà, sulla democrazia e sullo Stato di Diritto. Il regime lo sa e per questo motivo continua ad assassinare i suoi ‘figli’. Questo l’Occidente lo sa? Siamo consapevoli che il coraggio e la determinazione di questi ragazzi da soli non bastano? Stati Uniti ed Europa, anche ‘approfittando’ della guerra in corso in Medio Oriente, sono in grado di aiutare gli uomini e le donne che stanno combattendo a costo della vita, nel dare la decisiva spallata al regime iraniano? Anche perché, se immaginiamo i dittatori come degli animali assetati di sangue, possiamo ipotizzare cosa possa fare una bestia feroce quando è messa alle strette. E in prospettiva, l’azione da ‘all in‘ degli ayatollah si chiama bomba atomica. Credo sia un rischio che il mondo intero non può permettersi di correre.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *