La Calabria interrotta: 18 anni per rifare un ponte? Moroni: «Inammissibile. Ma ecco perché»

La Calabria interrotta: 18 anni per rifare un ponte? Moroni: «Inammissibile. Ma ecco perché»

Il Quotidiano del Sud
La Calabria interrotta: 18 anni per rifare un ponte? Moroni: «Inammissibile. Ma ecco perché»

Dal ponte sul Savuto a tante altre incompiute in Calabria, il dirigente generale per le Infrastrutture della Regione, Claudio Moroni, spiega cosa c’è dietro a ritardi

Claudio Moroni è il dirigente generale del Dipartimento Infrastrutture della Regione Calabria. Il governatore Roberto Occhiuto ci ha detto: «l’ho scelto per curriculum tecnico, non per “conoscenza” politica». Per Occhiuto, insomma, la sua scelta è ricaduto su un «numero 1 del settore». Per questo gli abbiamo chiesto una chiacchierata sui temi della “Calabria interrotta”. L’ingegnere Moroni ci ha fatto anche una promessa: «farò dei sopralluoghi nei punti critici della viabilità calabrese segnalati dal Quotidiano».

Se per ricostruire un piccolo ponte in Calabria (quello sul Savuto; ndr) non sono bastati 18 anni, quanto ci vorrà per la realizzazione del grande Ponte sullo Stretto?

«La risposta necessita di un preliminare inquadramento tecnico-amministrativo. Per qualsiasi professione è molto difficile spiegare le difficoltà operative, insite nel proprio lavoro, che, talvolta, portano ad un apparente scollamento tra l’operato svolto e la percezione comune. Vale dallo sport alla medicina, dall’agricoltura alla giustizia.
Un ponte chiuso da 18 anni è indubbiamente un tempo tecnicamente inammissibile, se legato solo alla ricostruzione dell’impalcato.
Ma la diffidenza nei confronti dell’operato pubblico ha portato all’illogicità di contrastare l’eventuale malcostume mediante procedure complesse che prendono tempo. Il risultato è la non estinzione del malcostume ed il pesante rallentamento, quando non la sostanziale paralisi laddove si sia anche solo leggermente svogliati, anche se si lavora correttamente e con competenza.
Uno dei temi più difficili da spiegare è la sostanziale assenza di proporzionalità, al punto che fare il box di un’auto, o costruire un intero edificio di 10 piani, richiede praticamente lo stesso numero di autorizzazioni e di elaborati progettuali. La cosa non cambia per le infrastrutture e così, gli adempimenti da compiere per realizzare una semplice rotonda, su una strada esistente, equivalgono a quelli necessari per costruire l’intera SS 106».

La cosa sembra inverosimile ma può spiegarci meglio?

«Chiunque riconosce l’assurdità di quanto detto ma, nel concreto, ciascuno pretende che anche una rotonda “benefici” dei medesimi approfondimenti e di tutti i tipi di controlli possibili e immaginabili, portando al paradosso della perdita di proporzionalità che, invece, dovrebbe costituire la base giuridica di riferimento. Così si comprende perché, non appena accade un “imprevisto” nel corso della realizzazione di un’opera, i tempi di completamento si allungano.
Scherzosamente, si potrebbe dire che, laddove si desse oggi inizio alla costruzione del Ponte dello Stretto, e la realizzazione fosse senza battute di arresto, in generale si potrebbe rischiare di vedere prima il completamento di questo che non la percorribilità di un’opera chiusa da 18 anni.
Per fortuna nel caso specifico del Savuto, non è così e, dalle informazioni che ho, è previsto, per la fine del prossimo mese, il montaggio dell’impalcato. L’intervento è in capo alla Provincia e la fruizione dovrebbe finalmente avvenire entro l’estate o, al massimo, subito dopo».

Obbiettivamente, da cugino “lucano” quale è, quando è arrivato in Calabria, chiamato dal governatore Occhiuto per dirigere l’importante settore delle infrastrutture (il presidente si è tenuto la delega politica) si aspettava ti trovare le strade calabresi in questa situazione di criticità?

«Il meridione soffre sostanzialmente delle medesime criticità, legate anche ad un territorio particolarmente vulnerabile sul piano idro-geologico e, generalmente, anche a medio-alta sismicità. Il livello manutentivo delle strade ritengo sia nello standard italiano anche se ognuno, focalizzandosi su quello del territorio in cui vive, ne ha una percezione peggiore degli altri, sembrando l’erba del vicino più verde. La vera carenza del territorio, in generale, ritengo sia, purtroppo, di tipo “infrastrutturale”.
Manca la possibilità di un vero sistema di rete primario, certamente non favorito dalla forma stretta e lunga con una catena montuosa centrale, ovvero di quella serie di soluzioni alternative che consentano ai flussi di “spostarsi” su altre strade, laddove accadano accidenti sul percorso. Dover affrontare oggi il rifacimento di un’intera arteria, come la SS106, diviene impresa ciclopica, in termini tecnici ed economici, che necessita di una visione lungimirante della classe di Governo e dei territori. Un esempio è l’impegno profuso dal Presidente Occhiuto per recuperare i 3,5 miliardi di euro per riuscire a far realizzare due tratte della nuova SS 106 a quattro corsie: la Crotone-Catanzaro, togliendo finalmente dall’isolamento uno dei capoluoghi di provincia ad oggi più inaccessibili, e la Sibari a Corigliano-Rossano, uno dei centri più popolosi della Regione».

La Regione Calabria, a differenza di altre regioni italiane, non ha competenza sulle strade che attraversano il suo territorio, intestate o all’Anas o alle Province. Ma perché poi, alla fine, ci va sempre di mezzo la Regione quando si tratta di ricostruire strade interne franate e ponti provinciali crollati? Non le sembra un controsenso, che allunga e di molto il brodo per arrivare alla soluzione dei problemi?

«Non concordo sul controsenso. Lasciare la Regione libera dall’incombenza della gestione credo sia concettualmente corretto. Così può occuparsi di programmazione. La gestione produrrebbe anche duplicazioni e diseconomie di scala nei centri manutenzione. Se mai, sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione alla programmazione ma assicuro che non è cosa semplice da fare. Sono arrivato in Regione che, nel settore Infrastrutture di trasporto, che si occupa di strade, ferrovie, porti ed aeroporti, vi erano in totale tre funzionari tecnici un dirigente e due amministrativi. Insomma, un po’ poco per essere veramente propositivi e andare oltre l’attivazione a “richiesta”.
La carenza di fondi di bilancio, peraltro, impone il ricorso alle diverse fonti di finanziamento europeo e/o nazionale che hanno regole di “attivazione” più lente e orientate a nuovi interventi strutturali e non già di manutenzione ordinaria. Paradossalmente è più facile trovare le risorse quando il problema è cronico, che non quando c’è da effettuare piccoli interventi manutentivi. A quel punto, però, il degrado ha raggiunto livelli per i quali si rendono necessari molti più soldi, rendendo nuovamente difficile il reperimento. È un problema concettuale e tutt’altro che regionale».

Al di là della competenza, da tecnico di lungo corso sulle infrastrutture, come si pone rispetto ad un ponte di 150 metri crollato nel 2006 e che ancora oggi è in fase di ricostruzione?

«In assenza di problematiche geotecniche e/o idrauliche, per le quali ricostruire l’opera esporrebbe ai medesimi rischi, il solo rifacimento dell’impalcato, per cause di degrado di quest’ultimo, ha visto un tempo semplicemente inammissibile. Ciò non significa, necessariamente, che vi sia una colpa di qualcuno e, per le ragioni prima esposte, non costituisce assolutamente una eventualità impossibile, come la realtà testimonia. È infatti “sufficiente” che, nell’ordine, vi sia la sequenza di una serie di eventi quali:

Iniziale difficoltà di reperimento dei fondi;

Gara di affidamento degli incarichi tecnici, tra cui la progettazione, a cui fanno seguito ricorsi vari;

Lungaggini nella fase di esecuzione delle indagini per imprevisti vari (meteo-climatiche, piene, altro);

Tempi di validazione e approvazione, dei diversi livelli di progettazione (preliminare, definitivo, esecutivo), influenzati da cambi di governo dell’amministrazione, cui segue richiesta di soddisfare esigenze diverse da quelle precedentemente indicate;

Acquisizione dei pareri (ambientali, paesaggistici, idro-geologici, ecc.);

Risoluzione contrattuale per inadeguatezza dell’impresa esecutrice risultata aggiudicataria;

Impossibilità di scorrimento della graduatoria di gara, per assenza di una ditta a cui poter affidare i lavori alle medesime condizioni, anche economiche, di 3-4 anni prima;

Aggiornamento dei prezzi, ancor più complesso se il prezziario ha cambiato gli articoli, ed eventuali adeguamenti a normative sopravvenute;

Nuova gara per l’affidamento dei lavori;

Necessità di una variante per la sottovalutazione delle problematiche di cantiere necessarie alla realizzazione dell’intervento o, peggio, ritrovamenti archeologici».

L’elenco è completo o ci potrebbe essere altro ancora?

«L’elenco potrebbe ampliarsi considerando gli espropri, le interdittive antimafia, i cambi dei tecnici (RUP, Direttore dei Lavori, ecc.), o altro ancora. Ciascuno degli inconvenienti indicati produce allungamenti temporali, ordinariamente compresi tra 4 mesi e un anno, allungando complessivamente (assurdamente) la durata dell’esecuzione tra i 4 ed i 10 anni. Ovviamente si può riuscire anche in meno tempo, che però non sarà mai comprimibile a zero, e, talvolta, non accadono tutti gli inconvenienti detti. Arrivare a 18 anni, senza aver completato i lavori, è comunque al di là di qualsiasi ragionevolezza. Ecco, una peculiarità di questa Regione è quella di riscontrare che a fronte delle già illogiche tempistiche italiane, giustamente incomprensibili per il resto d’Europa, si finisca in tempistiche ancora più lunghe».

A Scigliano, nel cosentino, la strada provinciale che porta a Pedivigliano è interrotta dal 2014 per un rischio frana. Nella sua agenda densissima di appuntamenti, può inserire anche un veloce sopralluogo a Scigliano per risolvere lo stallo, che non consente, in quei due paesi, il ripristino della regolare viabilità, interrotta da ben 10 anni?

«Cercherò di fare questo, così come tanti altri sopralluoghi che ho in programma e che, purtroppo, anche lavorando veramente tante ore al giorno, è in parte difficile trovare il modo di fare. Per risolvere questioni annose, infatti, è spesso importante analizzare anche in prima persona come poter arrivare alla risoluzione, stante che problemi e soluzioni, di volta in volta illustrati, potrebbero essere stati rappresentati in modo involontariamente impreciso o, comunque, potrebbero essersi modificati nel corso degli anni. Il tema è che la Calabria ha un territorio così ampio per il quale è impensabile che si possa conoscere tutte le questioni pregresse».

Soveria Manelli, Serra San Bruno, comuni montani operosi e virtuosi, ma per arrivarci è un’impresa con strade interne interrotte da anni, come quella che attraversa San Nicola da Crissa e con ferrovia chiusa da anni e anni come i binari che un tempo facevano arrivare i treni a Soveria. Quanto tempo ancora dovrà passare per un ritorno alla normalità?

«Date le innumerevoli criticità del patrimonio infrastrutturale, si comprende che servirà qualche decennio di investimenti virtuosi, scevri dalla ricerca del consenso popolare e pianificati sulla scorta della massimizzazione dei benefici. Evidentemente, ciascun territorio avrà difficoltà a comprendere l’importanza degli interventi effettuati su altre aree ma, una seria visione di livello Regionale, consente di cogliere l’importanza di dare soluzione mediante una scala di priorità di erogazione dei finanziamenti, indispensabile per dare avvio ad un serio programma di efficientamento della rete di trasporto regionale, mediante una visione integrata della situazione e degli interventi in corso o già programmati.
In proposito, ad esempio, ha fatto cenno a Serra San Bruno, ovvero ad un intero territorio, quello delle serre, che oggi vede, dopo decenni, la realizzazione della “Trasversale”, opera sicuramente fondamentale per i Comuni direttamente interessati ma, paradossalmente, strategica per la costituzione di quella rete infrastrutturale indispensabile per la mobilità di una Regione. Quanto tempo dovrà ancora passare è indicato dal progetto portato avanti dal Commissario di Governo, l’ing. Caporaso, persona valida ed esperta. Il suo incessante lavoro, condotto nella piena intesa con la Regione, ha portato alla progettazione di tutti i lotti, cosa mai fatta in passato, e, quindi, a conseguire tutte le autorizzazioni».

Ci ha parlato di strade, ma con riferimento alle ferrovie regionali?

«Quanto alla linea ferroviaria a scartamento ridotto, interrotta nella tratta da Cosenza a Catanzaro, è in corso di completamento l’intervento che avrebbe ripristinato la linea ma, contestualmente, sta per partire l’ammodernamento dell’intera tratta, per la quale si è ottenuto un finanziamento di oltre 200 milioni di euro, sui fondi del Piano Complementare al PNRR, con oltre 80 milioni di euro per l’acquisto di nuovi convogli ad idrogeno, con lavori che dovranno obbligatoriamente essere completati entro il 2026».

Ed infine, tornerei alla domanda iniziale: ma se in 18 anni non si è ricostruito un ponte di 150 metri sul fiume Savuto, come si pensa di affrontare davvero la questione del Ponte sullo Stretto? Anche a partire dai 239 quesiti posti dalla Commissione del MASE alla Società dello Stretto?

«Ogni progetto, quando letto approfonditamente dai tecnici che non lo hanno redatto, necessita di chiarimenti. È fisiologico e avviene sempre, anche se a seconda dei casi in modo formale o informale. Con riferimento ad un’opera di cui si parla da oltre cinquant’anni, ciascuno si sente in diritto di poter esprimere la sua opinione. Qui, invece, persino per i tecnici, richiederebbe un livello di preparazione superiore a quello medio sufficiente per le opere più comuni. Nel 1970 si trattava di fare un ponte 3 volte più lungo di quello allora mai costruito al mondo.
Negli anni 80 sarebbe stato il doppio e, ora, al 2023, solo di 1/3. Tutte le perplessità esistenti nel 1970, rispetto ai ponti che nel frattempo sono stati costruiti e risultano perfettamente funzionanti, sono oggi “abiurate” dai ponti che sono stati costruiti nei successivi 50 anni. Oggi, banalizzando il discorso, il ponte più lungo al mondo è stato costruito prendendo la forma del ponte dello stretto e riducendone le dimensioni di 1/3, per adattarlo alla distanza tra le coste della Turchia.
Si può quindi dire che è già esistente non più un modello in scala ma, addirittura, un Ponte dello Stretto praticamente in dimensione reale (sulla scorta della teoria dei modelli), su cui poter fare tutte le valutazioni circa l’attendibilità delle ipotesi su cui qualcuno adombra dubbi e perplessità che si trascinano dal passato, talvolta persino come leggende. Tra queste la possibilità che resti chiuso un certo numero di giorni all’anno a causa del vento (fatto decisamente insussistente), che il sisma potrebbe metterlo in crisi (è un’opera che per sua stessa natura è “protetta” rispetto alle azioni sismiche) e altre sciocchezze di questo tipo. Ovviamente la mia è una risposta meramente tecnica, limitata al piano ingegneristico».

Il Quotidiano del Sud.
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