La sceneggiata di Conte per comandare: lascia la giunta ma poi va da Emiliano…

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Conte esce dalla giunta regionale della Puglia e dalla maggioranza in Regione sbattendo la porta. Subito dopo, a braccetto con il governatore Emiliano, spalanca la finestra per rientrare nell’alleanza. Non subito. Non in questa legislatura peraltro già agli sgoccioli: l’anno prossimo, in tempo per le elezioni regionali.

L’avvocato del popolo, come ormai quotidianamente, usa toni durissimi. “La lista dei capibastone con pacchetti di voti ce l’abbiamo anche noi. Ce li hanno offerti e li abbiamo sempre rifiutati. Non abbiamo mai imbarcato acchiappavoti. Siamo impermeabili a questo modo di fare, perché è cattiva politica”. Come dire che i presunti alleati del Pd eccellono nella “cattiva politica”, a differenza degli specchiati a cinque stelle.

Il leader dei 5S conferma l’appoggio a Laforgia nel duello barese e preannuncia che subito dopo la conferenza stampa dell’addio si recherà dal governatore Emiliano per consegnargli un pacchetto di proposte, il “patto per la legalità”.

“Non vogliamo dettare le regole, però manteniamo l’asticella alta e andremo in coalizione solo quando si saranno le premesse oggettive per una buona politica”. Segue a stretto giro il colloquio con il governatore e va molto meglio di quanto ci aspetterebbe in circostanze simili. “Incontro molto positivo da cui esco più sereno. Conte avanza buoni suggerimenti”.

Più che una rottura sembra una fidanzamento e del resto senza l’arresto mercoledì sera dei fratelli Pisicchio, uno dei quali ex assessore di Emiliano, le probabilità di chiudere la vicenda senza traumi e con la creazione di un assessorato alla Legalità affidato ai 5S erano ancora molto alte.

Dopo quegli arresti quella strada non era più percorribile e anche la via suggerita del leader di Sinistra italiana Fratoianni in nome di “una iniziativa di discontinuità”, cioè azzerare questa giunta e ripartire da capo, appare poco realistica a un anno dalle prossime elezioni regionali. Se ne riparlerà quando si arriverà a quella scadenza e si può star certi che a quel punto Conte farà valere per intero, sul tavolo delle trattative, il peso degli scandali di oggi.

A riprova di quanto poco sia il leader dei 5S che il governatore della Puglia siano interessati a una lacerazione irrecuperabile, le trattative a Bari per uscire dall’impasse con un “terzo candidato” proseguono a pieno ritmo e sono forse più vicine a una conclusione positiva di quanto i partiti non vogliano far vedere.

Elly Schlein è sempre stata del tutto favorevole e pronta a sostituire Leccese, il candidato del Pd, con un nuovo nome in grado di recuperare i 5S. Anche in seguito alla massiccia iniziativa diplomatica di Fratoianni e Vendola, che aveva indicato per primo il candidato poi sostenuto dai 5S Laforgia, il Movimento si sarebbe convinto.

Il problema è che per giustificare il ritiro di Laforgia serve un nome pesante e in grado di offrire garanzie assolute al Movimento. Ce ne sono pochi. Lo scrittore, ex senatore ed ex magistrato Carofiglio è uno ma non l’unico e pare neppure il primo della lista.

Ma la disponibilità dei pochi papabili non è ancora arrivata e senza di quella tutto è ancora ad alto rischio di fallimento. Ma comunque vada a finire è fuor di dubbio che sia il Pd, sin dall’inizio, che il M5S, con maggiori dubbi e resistenze, quel tentativo lo stanno provando sul serio.

Solo che messa così l’intera vicenda rischia di apparire come uno degli infiniti minuetti in cui si produce da sempre la politica italiana, espertissima in falsi movimenti, fratture insanabili ma a tempo rigorosamente circoscritto, giochi delle parti a uso della propaganda.

In questo caso, invece, c’è in ballo molto di più. Quel che Conte chiede si avvicina pericolosamente a una sorta di commissariamento del Pd, con la pretesa di certificarne la moralità agli occhi degli elettori con la propria disponibilità ad allearcisi.

Sul piano più concreto, il patto per la legalità, dopo gli attacchi violentissimi degli ultimi giorni, implica quasi la certificazione del diritto del Movimento a decidere sulle candidature. Sul fronte politico-culturale assegna al partito di Conte un ruolo apertamente egemonico.

Buona parte del Pd, tutta la minoranza e anche qualcuno nella maggioranza, vorrebbe reagire con altrettanta durezza e considera la pretesa di Conte inaccettabile e arrogante. Ma la segretaria, decisa a privilegiare le ragioni dell’alleanza con Conte rispetto a tutto il resto, è di parere opposto.

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