Ma da Meloni a La Russa, la Destra non riesce a definirsi “antifascista”

Ma da Meloni a La Russa, la Destra non riesce a definirsi “antifascista”

Il Quotidiano del Sud
Ma da Meloni a La Russa, la Destra non riesce a definirsi “antifascista”

Sono passati 79 anni dalla Liberazione ma da Meloni a La Russa, la Destra non riesce a definirsi “antifascista”

Di sicuro abbiamo sbagliato qualcosa, se a 79 anni dalla Liberazione siamo ancora a confrontarci, tra italiani, sui valori della Resistenza e l’antifascismo. Se un partito che non è ancora riuscito a dirsi “antifascista”, ha conquistato legittimamente la maggioranza relativa e guida il governo. Se nemmeno le celebrazioni del 25 aprile riescono a vedere il Paese unito.

Perché non siamo ancora riusciti a costruire nelle nostre scuole percorsi condivisi di memoria che rendano naturale per uno studente italiano dirsi e sentirsi antifascista? Perché ancora, politici, giornalisti, uomini di cultura e spettacolo fanno fatica a dichiararsi antifascisti? L’altro giorno, nel programma di Floris su La7, ho sentito lo storico Alessandro Barbero dare una buona spiegazione del fenomeno. Dice in sostanza Barbero: “Il fatto è che molti italiani e le loro famiglie erano fascisti e hanno vissuto come una sconfitta la vittoria dell’altra parte e che questi italiani continuano a partire dalla loro personale memoria dei fatti e non dalla Storia”.

CAPIRE LA DIFFERENZA TRA LA STORIA E LA MEMORIA

Poi, Barbero, con le lacrime agli occhi, ha detto una cosa bellissima: “Io ho avuto due nonni fascisti. E uno è stato fucilato dai partigiani. Però, con tutto il dolore che la mia famiglia ha provato per questo, io ho capito. Forse perché faccio lo storico e so che la memoria non basta perché ognuno ha la sua e bisogna andare oltre alla propria percezione dei fatti”. Ecco, forse lì c’è una risposta al problema: se non riusciamo a costruire una memoria condivisa di quello che è successo durante il fascismo e di come è nata e ha vinto la Resistenza, difficilmente riusciremo a costruire un terreno politico in cui destra e sinistra sono avversarie ma non nemiche.

L’ANTIFASCISMO COME TERRENO POLITICO COMUNE

E se ci pensate, questo terreno c’è stato in anni in cui il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana erano ferocemente divisi nelle piazze e nella rispettiva propaganda politica, ma sapevano mettersi d’accordo per la crescita del Paese. Furono gli anni in cui vennero approvate leggi straordinariamente avanzate: statuto dei lavoratori, riforma sanitaria, riforma della psichiatria, riforma della scuola, aborto, divorzio, solo per citarne alcune. Tristemente, dobbiamo ammettere che se queste leggi non ci fossero, l’attuale Parlamento non riuscirebbe a produrle. Un motivo sta proprio nella mancata condivisione dei principi e della prassi dell’antifascismo che, invece, era il terreno davvero comune di Pci, Dc e degli altri partiti del cosiddetto arco costituzionale.

In quegli anni, forse, il fascismo e la Resistenza erano ancora abbastanza vicini nel tempo affinché la gente e i politici riuscissero a fare l’operazione culturale di cui parla Barbero: guardare i fatti con gli occhi della Storia e non con quelli dei rispettivi ricordi o dei racconti tramandati in famiglia. Qualcuno, a casa o a scuola, evidentemente ci aveva fatto capire chi erano i vincitori e chi erano i vinti: la democrazia aveva vinto, la dittatura aveva perso. E non c’era discussione.

DA MELONI A LA RUSSA LA DESTRA CHE NON RIESCE A DIRSI ANTIFASCISTA

Oggi, a far politica, ci sono generazioni che, forse, hanno pensato che quella roba di fascismo e antifascismo si potesse superare in nome della propria libertà di pensarla come a ciascuno piace. Ed è così che Ignazio La Russa (presidente del Senato) e Giorgia Meloni (nostra premier), di anno in anno, riescono ad attraversare il 25 aprile senza pronunciare la frase che la stessa Costituzione chiede loro implicitamente e esplicitamente: “Sì, sono antifascista”.

E guardate che non c’è mai stata tanta urgenza di arrivarci perché le posizioni che la destra ha assunto negli ultimi anni, non sono mai state così rischiose per la democrazia. Una volta, la destra si nutriva di nostalgia, oggi parla di sovranismo e di populismo. E il populismo è quella cosa che dice di voler dare il potere al popolo ma che, con uno splendido salto logico, punta a far sì che quello stesso potere si concentri nelle mani di una persona e con meno contrappesi possibili. Lo chiamano premierato e dicono che renderà più semplice e veloce governare. Credo che anche Mussolini giustificasse così la sua andata al potere. E, comunque, la Costituzione dice ben altre cose.

Il Quotidiano del Sud.
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