Mattarella unico freno alla deriva sovranista, il Quirinale fa da controcanto alle destre

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Per la seconda volta nel giro di pochi giorni il presidente Mattarella ha risposto a un appello ed entrambe le risposte sono suonate come una critica implicita ma inequivocabile al governo. Sabato scorso, vigilia di pasqua, il presidente ha telefonato a Roberto Salis, padre di Ilaria, che gli aveva scritto il giorno prima.

Gli ha espresso solidarietà. Ha promesso di interessarsi al caso dell’anarchica detenuta a Budapest in condizioni inaccettabili. Ha fatto sentire sia alla detenuta che a suo padre la vicinanza e l’interessamento dello Stato italiano. Ha fatto cioè quel che per 13 mesi il governo aveva evitato di fare.

Qualche giorno prima aveva scritto alla vicepreside della scuola di Pioltello oggetto di ispezione disposta dal ministro Valditara per aver deciso di chiudere nell’ultimo giorno del Ramadan e in quel caso la presa di distanza dalla politica di Meloni e Valditara era stata del tutto esplicita, formalizzata con l’apprezzamento aperto per come l’istituto e l’intero corpo docenti si misurano con il nodo dell’integrazione.

In concreto con metodi e ispirazione di fondo diametralmente opposti a quelli del governo. Ma prima ancora, con una serie di interventi sulla tragedia dimenticata dal governo dei suicidi in carcere, Mattarella, proprio come tre giorni fa con la telefonata a Roberto Salis, aveva letteralmente supplito a un’assenza, anzi alla latitanza colpevole del governo.

Il presidente ha deciso di farsi sentire, pur restando rigorosamente nei limiti del suo ruolo istituzionale, evitando polemiche aperte o troppo esplicite ma cogliendo le occasioni per palesare la sua visione e far sentire per intero il peso della sua presenza.

Mattarella incarna così ogni giorno di più non un’opposizione politica al governo ma una alterità culturale assoluta: dà voce e visibilità istituzionale a quella parte del Paese che non si riconosce nella cultura politica della maggioranza di destra e che sembra non esistere, sia per l’invadenza della maggioranza che per l’afasia di un’opposizione che si limita per lo più alle battute da talk show e a strilli d’ordinanza, del tutto inefficaci.

È più che probabile che in parte l’obiettivo di Mattarella sia dimostrare quanto importante e continuo sia il ruolo prezioso del capo dello Stato, che uscirebbe molto ridimensionato dalla eventuale vittoria del premierato nel referendum che seguirà all’approvazione della riforma in Parlamento.

Senza esprimere alcun giudizio sulla riforma, cosa che esorbiterebbe dalle sue funzioni, Mattarella rappresenta così di per sé non una minaccia ma la principale minaccia che revoca in dubbio una vittoria referendaria che in partenza la premier dava per certa. Quanto quella sicurezza vacilli oggi è dimostrato dal rallentamento della corsa del premierato in commissione Affari costituzionali al Senato.

Se il presidente della commissione Balboni ha deciso, sfidando le ire della ministra Casellati, di lasciare voce in capitolo al quasi ostruzionismo dell’opposizione è anche, forse soprattutto, perché la premier ritiene ora che avere più tempo a disposizione per smerciare all’elettorato la sua formula sia conveniente e forse necessario.

È però probabile che a suggerire al capo dello Stato un cambio di marcia rispetto al primo anno del governo Meloni, sia stata anche l’ingordigia e l’invadenza del governo e della maggioranza che rivelano sempre più una visione della democrazia secondo cui chi vince le elezioni fa per cinque anni il bello e il cattivo tempo e chi le perde, pur rappresentando metà del Paese, aspetta il proprio turno senza avere alcuna voce in capitolo. Una visione così rozza e quasi caricaturale della democrazia non è certamente quella di Sergio Mattarella.

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