Perché Maurizio Molinari è stato sfiduciato dai giornalisti di Repubblica: al macero 100mila copie per un articolo “sgradito”

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C’è aria di altissima tensione nei corridoi di largo Fochetti, sede di Repubblica. Il giornale fondato da Eugenio Scalfari, ora in mano alla Gedi della famiglia Elkann-Agnelli, sta vivendo un periodo di declino tra copie vendute in picchiata e una linea politica che sta portando i lettori storici verso altri “lidi”.

Nel mirino dei giornalisti non solo la proprietà, ma anche la direzione, ovvero Maurizio Molinari. Quest’ultimo ha dovuto incassare lunedì sera un colpo da KO tecnico: giornalisti e giornaliste del quotidiano, su proposta del comitato di redazione, hanno votato la sfiducia (non vincolante) nei suoi confronti con un risultato netto, 164 sì, 55 no, 35 gli astenuti.

Perché i giornalisti di Repubblica hanno sfiduciato il direttore Molinari

Mozione di sfiducia dunque approvata a larga maggioranza, con la proclamazione inoltre di 24 ore di sciopero delle firme. Da dove arriva lo scontro senza precedenti con la direzione? Dalla scelta di Molinari di mandare al macero centomila copie per un articolo sgradito.

Si trattava dell’apertura dell’8 aprile dell’inserto economico di Repubblica, Affari&Finanza, a firma di Giovanni Pons, sui legami e soprattutto “tensioni” tra Italia e Francia in tema di politica industriale. Nella notte, quando il giornale era già stato stampato, dalla direzione è arrivato l’ordine di distruggere le copie e di sostituire l’articolo di Pons con quello del vicedirettore Walter Galbiati.

Il tema è rimasto lo stesso, a cambiare sono stati però titolo, catenaccio e parte del titolo. Al posto di “Affari ad alta tensione sull’asse Roma-Parigi” in edicola arriva un “Affari ad alta tensione sul fronte Roma-Parigi”. A cambiare maggiormente è però il catenaccio: nella prima versione a firma Pons era “I casi Stm, Tim e la fuga di ArcelorMitta dall’Ilva riaccendono le polemiche sul rapporto sbilanciato tra Italia e Francia”, mentre nella nuova diventa “I casi Stm, Tim e la fuga di Arcelor dall’Ilva riaccendono le polemiche. Funzionano quando è il business a guidare”. Quel “rapporto sbilanciato” evidentemente non è piaciuto alla direzione, o all’editore John Elkann, che ha mandato al macero le copie stampate.

La protesta dei giornalisti contro Molinari

Da qui la scelta del Cdr di proporre la mozione di sfiducia, approvata a larga maggioranza. “Il direttore ha la potestà di decidere che cosa venga pubblicato o meno sul giornale che dirige, ma non di intervenire a conclusione di un lavoro di ricerca, di verifica dei fatti e di confronto con le fonti da parte di un collega, soprattutto se concordato con la redazione. In questo modo viene lesa l’autonomia di ogni singolo giornalista di Repubblica e ciò costituisce un precedente che mette in discussione, per il futuro, il valore del nostro lavoro”, ricordano nel comunicato i membri del Cdr, Zita Dazzi, Luca Pagni, Matteo Pucciarelli, Francesco Savino e Alesssandra Ziniti.

Cdr che poi condanna “lo spreco di tempo e di risorse per la ristampa, in un momento in cui la redazione con l’ennesimo piano di prepensionamenti viene chiamata a nuovi sacrifici”, oltre a sottolineare “come l’accaduto esponga Repubblica in modo negativo di fronte ai suoi interlocutori esterni, non ultimo il fatto che per alcune ore sono circolare in rete le due aperture di Affari&Finanza, prima e dopo l’intervento della direzione. Quanto avvenuto è l’ultimo episodio di una serie di errori clamorosi originati dalle scelte della direzione che hanno messo in cattiva luce il lavoro collettivo di Repubblica”.

I precedenti a Repubblica

La sfiducia a Molinari è il culmine di uno scontro che va avanti da tempo tra redazione, direttore ed editore. A dicembre erano stati deliberati cinque giorni di sciopero, con l’accusa a Molinari e Gedi di aver allontanato il gruppo editoriale dalla propria identità e cultura, paragonando il giornale a “una nave abbandonata che affonda”.

Tra i precedenti poi il caso dell’intervista al rapper Ghali bloccata prima della messa in stampa da Molinari perché non conteneva riferimenti ad Hamas, il fumettista Zerocalcare tacciato di “somigliare ad Hamas” dalla firma di punta Francesco Merlo, o l’articolo dal sapore classista di Alain Elkann (padre dell’editore John) ospitato sul giornale: tutti episodi che avevano fatto imbufalire i giornalisti di Repubblica.

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