Stefania Zambrano, da attivista Lgbtq+ a regista per gridare forte: “La camorra porta solo dolore ma cambiare si può”

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“Voglio far capire ai giovani che la camorra non porta a nulla, solo dolore. Porta che oggi ci sei domani no. Porta che sarai rinchiuso in un carcere. Nulla più”. È questo che ha spinto Stefania Zambrano, attivista Lgbtq+, attrice e organizzatrice di eventi come Miss Trans Europa, a realizzare un documentario per raccontare una delle piaghe della sua amata città, Napoli. Addolorata per la scia di sangue che nell’ultimo anno ha visto vittime giovanissime, Stefania Zambrano ha deciso di raccontare la camorra attraverso le storie di chi in qualche modo l’ha vissuta o la vive.

Stefania Zambrano e il documentario sulla camorra

Diventata famosa dopo il film La Parrucchiera di Stefano Incerti, dove è stata una delle protagoniste, Stefania Zambrano, in prima linea in difesa dei diritti della comunità Lgbtq+, è sempre stata attenta a ciò che la circonda. “Quest’anno – ha detto Stefania Zambrano a L’Unità – la parola camorra ha avuto tanto ‘successo’, su tutte le televisioni e sui giornali. Ho deciso di raccontare alcune storie e metterle insieme come un puzzle per far capire cos’è la camorra e lanciare un messaggio soprattutto ai giovani: la camorra porta solo dolore. La camorra non è una cultura”.

“Contro la camorra bisogna educare le nuove generazioni”

Per Stefania Zambrano è importante parlare di questo soprattutto ai più piccoli. “Penso alle baby gang – racconta l’attivista – ragazzini che già a 13 anni girano con il coltello o la pistola in tasca. Questo non deve succedere. Bisogna educare le nuove generazioni”. Zambrano ha scelto alcune storie da raccontare. Tra queste quella di Gennaro Panzuto. “È stato un grande camorrista a Napoli – racconta – Dopo anni si è pentito e ora ha cambiato totalmente vita, come racconta sui suoi social”.

La morte di Francesco Pio Maimone e il dolore dei genitori: “Non deve succedere mai più”

Zambrano vive a Napoli. Ha vissuto con dolore gli ultimi agghiaccianti fatti di cronaca come la morte di Francesco Pio Maimone, 18enne di Pianura, ucciso sul lungomare di Napoli con un colpo di pistola al petto esploso da un suo coetaneo. Faceva il pizzaiolo, morì il 20 marzo 2023, coinvolto in una lite in cui non c’entrava nulla. Un gruppo di giovani si erano affrontati e uno di loro prese una pistola ed esplose alcuni colpi d’arma da fuoco. I proiettili colpirono Francesco Pio Maimone che morì sul colpo. Zambrano ha voluto raccontare questa storia attraverso il dolore dei genitori di Francesco Pio. “Oggi sono stata a casa del Piccolo Francesco Pio morto per errore – ha scritto la regista sui suoi social dopo aver salutato la famiglia Maimone che ha raccontato la loro storia davanti alle sue telecamere – Una lunga chiacchierata con la mamma e il papà, una storia forte e toccante. Come autrice del lungometraggio che stiamo girando affronteremo tematiche simili, per sensibilizzare i giovani e far sì che un episodio del genere non accadrà mai più. Grazie a Tina e Antonio per la loro testimonianza”.

La storia di Titta Murè

Tra i protagonisti del documentario di Zambrano, ci sarà anche Titta Murè. “Titta è una donna che a 14 anni ha iniziato a fare il primo furto. In lacrime ci ha raccontato che lo ha fatto perché è nata in una famiglia molto disagiata, non avevano soldi e lei aveva fame. Dopo un po’ di tempo la camorra ha ucciso suo marito. Lei cerca vendetta e non giustizia. Poi mesi dopo si innamora di un altro uomo e decide di cambiare vita e fare la mamma delle sue due figlie”. “Sono stata io a contattare Stefani Zambrano un paio di anni fa – racconta Titta Mulè ai microfoni de L’Unità – Volevo raccontare la mia storia. Penso che nella vita si può cambiare e io l’ho fatto. Oggi voglio dire a tutti, dagli adolescenti agli adulti, che la camorra non è vita”.

La decisione di fare un documentario sulla camorra

Stefania Zambrano racconta che la decisione di girare questo documentario sulla camorra parte da una brutta vicenda personale. “La Zambrano non ha avuto il coraggio di denunciare e quando era pronta a farlo era troppo tardi”. Partendo dal dolore dell’ingiustizia subita sulla sua pelle ha deciso di mettere insieme le storie per far capire ai giovani l’importanza di non girarsi dall’altra parte e denunciare. “Le riprese del documentario sono appena iniziate ma ci sono ancora tante storie da girare – continua Zambrano – Si racconteranno anche persone delle istituzioni, che hanno deciso di fare parte di questo progetto, e ne sono lusingata, non mi aspettavo che avrebbero accettato. Stefania Zambrano non la devono conoscere solo nel contesto Lgbtq+. Affacciandomi in un altro mondo faccio conoscere la mia comunità: è proprio una ragazza trans a portare avanti questo progetto. Tanti mi chiedono se ho paura. Io rispondo che non ne ho. Non ho paura di niente e di nessuno perché sto raccontando la mia città cercando di migliorarla, anche se è difficile. Di far capire ai giovani che la camorra non porta a nulla. E il male prima o poi si paga e la giustizia fa sempre il suo lavoro”.

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