Costruire isole di resistenza per salvarci

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Un nuovo principio è una fonte inesauribile di nuove vedute.
(Vauvenargues)

Una levigata, avvolgente, pigra, inebetente e ottusa incoscienza sembra gravare la mente di gran parte degli esseri umani contemporanei. Per esempio: la superficialità agghiacciante con cui si è cominciato a parlare del possibile impiego di armi nucleari nel caso di escalation della guerra Russia-Ucraina-Usa-Nato.

Oppure: la protervia assassina con cui Israele va avanti nello sterminio dei palestinesi anche dopo la risoluzione dell’Onu sul cessate il fuoco, senza che nessuno intervenga per farla rispettare.

Oppure, ancora: l’inerzia degli Stati, al di là delle chiacchiere, rispetto ai mutamenti climatici, che stanno superando il punto di non ritorno, con grave pregiudizio per la sopravvivenza stessa dell’umanità. È come se, nell’inestinguibile lotta fra Eros e Thanatos, avessimo deciso che la morte abbia a prevalere sull’amore, la solidarietà, la vita.

Una sorta di sonnambulismo delle coscienze: continuiamo a lavorare, studiare, divertirci… rimuovendo i pericoli che ci minacciano. L’alienazione del – nel – “particulare” costituisce la nostra gabbia illusoriamente dorata.

Edgar Morin, dall’alto dei suoi 103 anni di vita, ci ammonisce da tempo sulla necessità inderogabile di dare vita a un “nuovo umanesimo”, che metta al primo posto la simbiosi uomo-natura, la solidarietà fra persone e popoli, la costruzione della pace al posto della guerra.

Questo richiede l’assunzione di un punto di vista olistico dinanzi alla complessità del mondo, e quindi la capacità di cogliere che tutto è in relazione con tutto. L’insigne pensatore prolunga la linea di riflessione di Immanuel Kant per la pace perpetua, e di Albert Einstein convinto che “senza un modo radicalmente nuovo di pensare l’umanità non potrà sopravvivere”.

Ingenti sono le forze che spingono avanti il vecchio, distruttivo modo di pensare. Ma non sono né onnipotenti né invincibili. Per non venirne sommersi, è essenziale costruire delle isole di resistenza, basate sul pensiero alternativo e sull’agire conseguente.

Le isole sono il primo passo per dare vita ad arcipelaghi di condivisione. Per fortuna, varie di quelle isole esistono nella società: vanno dalle realtà del volontariato alle tante associazioni che operano nei comuni grandi e piccoli, e tengono a galla culturalmente il Paese, agli intellettuali che contrastano gli in-intellettuali. Manca, per ora, una forza aggregante e unificante. A maggior ragione è bene che… cento fiori fioriscano.

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