Def 2024, il governo fissa la crescita all’1%: il Documento senza parte programmatica punta tutto sul cuneo fiscale

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Via libera al Def. Il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza che, come indicazioni della vigilia, risulta monco: al suo interno vi sono infatti solamente i dati tendenziali dei conti pubblici, ovvero la situazione dei conti pubblici a politiche invariate e senza considerare gli obiettivi dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.

Una scelta chiaramente elettorale: a due mesi dal fondamentale test politico delle elezioni europee la maggioranza vuole così tenere nascosta la realtà dei fatti, ovvero che con questi numeri sarà complicatissimo dare seguito alle promesse elettorali che hanno portato la destra a Palazzo Chigi.

I numeri del Def, dalla crescita al debito pubblico

Dunque i numeri. Il Def “snello e leggero”, privo della parte programmatica, fissa la crescita del Pil per il 2024 al +1%: si tratta di una previsione più bassa rispetto alla Nadef di settembre, la Nota di aggiornamento al Def del settembre scorso, che indicava un +1,2 per cento. Nel 2025 la crescita sarà secondo il ministro Giancarlo Giorgetti dell’1,2%, dell’1,1% nel 2026 e dello 0,9% nel 2027.

Si tratta di una stima al ribasso ma comunque fortemente ottimistica, considerato che le previsioni di Banca d’Italia, Fmi e Commissione Ue oscillano tra lo 0,6 e lo 0,7 per cento.

Il debito pubblico è addirittura visto al rialzo: sale già quest’anno, passando dal 137,3% al 137,8 per cento. Aumenterà invece esponenzialmente nei prossimi anni: passerà al 138,9% nel 2025, al 139,8% nel 2026, con una lieve discesa solo a partire dal 2027, quando la previsione è del 139,3 per cento.

Quanto al deficit, il Def del governo Meloni conferma il 4,3% per quest’anno, poi la discesa al 3,7% il prossimo anno, al 3% chiesto dall’Europa nel 2026 e al 2,2% nel 2027.

I tagli alla spesa, il cuneo fiscale e il Superbonus

Nella conferenza stampa post Consiglio dei ministri Giorgetti ha puntato molto su una misura chiave per l’esecutivo e la premier Meloni, il taglio del cuneo fiscale. Provvedimento che scade nel 2024 e che dovrà essere rifinanziato con fondi da trovare: su questo il ministro leghista ha sottolineato che il governo “intende assolutamente replicarla nel 2025, questo è il vero obiettivo che ci poniamo quando andremo a definire il Programma strutturale”. Per il titolare dell’Economia infatti “è la priorità numero uno perché ha restituito fiato al potere d’acquisto delle famiglie italiane”.

Il viceministro Maurizio Leo invece interviene sull’Irpef e spiega che “se le risorse che arriveranno dal concordato preventivo biennale saranno sufficienti, amplieremo il taglio dell’Irpef anche al ceto medio“.

Giorgetti, esecutivo e maggioranza danno la colpa del peggioramento dei conti pubblici al Superbonus, provvedimento simbolo del governo Conte il cui costo è salito ormai a quota 122 miliardi di euro. Un “disastro”, dice Giorgetti, “che complica quadro, ma vedremo come razionalizzare la spesa pubblica”. Il debito pubblico in risalita previsto dal Def “è pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del superbonus nei prossimi anni” ma successivamente al 2026 “comincerebbe a scendere“, ha spiegato ancora Giorgetti.

Quanto ai tagli di spesa, Giorgetti ha sottolineato che “quando mi diranno le istruzioni sulla nuova governance europea conoscerò la traiettoria, le spese da monitorare ed eventualmente ridurre. Quando avremo il quadro sapremo anche dove andare a incidere per tagliare la spesa e trovare le risorse”.

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