Caso Bari, il grande bluff della destra: per il procuratore è tutto ok ma il governo insiste…

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Lo scioglimento del Consiglio comunale in caso di condizionamenti o infiltrazioni di tipo mafioso è un provvedimento governativo preventivo straordinario di estrema gravità. In forza di esso, infatti, viene sciolto un organo elettivo espressione della volontà popolare in nome dell’esigenza di contrasto della criminalità organizzata mafiosa o similare.

In tal modo si sanziona dunque l’organo elettivo e, solo di riflesso, i suoi componenti e, più in generale, i cittadini di quel Comune, non per comprimere i diritti di questi ultimi ma, al contrario, per preservare la parte sana della comunità locale dall’influenza delle organizzazioni criminali.

Proprio in ragione della gravità del provvedimento, il procedimento che può portare all’approvazione di simile misura è particolarmente complesso. L’iniziativa parte dal Prefetto competente che nomina una commissione d’indagine per poi – sulla scorta delle conclusioni da essa rassegnate entro tre mesi e dopo aver sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica – stilare una relazione finale da inviare al ministro dell’Interno.

Questi, sulla base di tale relazione, se ritiene che emergano «concreti, univoci e rilevanti» elementi indicativi del collegamento, diretto o indiretto, con la criminalità organizzata di tipo mafioso, può proporre lo scioglimento che è deliberato dal Consiglio dei ministri e disposto con decreto del presidente della Repubblica. Altrimenti il procedimento si conclude con un decreto motivato di archiviazione.

Il provvedimento di scioglimento può essere sindacato dal giudice amministrativo sotto il profilo della legittimità, e non nel merito, in presenza di vizi – a partire dall’abuso di potere – che inducano a ritenere la deviazione del procedimento dal suo fine istituzionale.

Non è affatto un caso che il procedimento debba essere attivato dal basso, e cioè dal Prefetto che in virtù del suo ruolo meglio conosce le problematiche del territorio, e non dal ministro dell’Interno sia perché organo amministrativo centrale, sia per la sua natura di soggetto politico che, come visto, nella prima fase del procedimento rimane estraneo alla sua gestione. Ciò al fine di tutelare l’imparzialità, la legalità e il buon andamento dell’azione amministrativa, altrimenti potenzialmente compromessi.

Già il fatto che il ministro dell’Interno si sia immediatamente attivato d’iniziativa, su sollecitazione di alcuni parlamentari di maggioranza, desta dunque qualche perplessità; perplessità che finiscono inevitabilmente per acuirsi, venendo al caso specifico di Bari, se si considera come tale iniziativa abbia innescato un procedimento destinato a svilupparsi in parallelo con la prossima campagna elettorale in vista delle elezioni dell’amministrazione comunale dell’8-9 giugno, incidendovi in modo inevitabile e, in ogni caso, irreparabile.

Tra l’altro, le risultanze istruttorie finora emerse non sembrano né coinvolgere l’intera amministrazione, né dimostrare un collegamento diretto di quest’ultima con l’azienda di trasporti locali, anch’essa finita sotto indagine.

Sotto questo profilo, va ricordato che, come detto, il Prefetto deve acquisire il parere del Comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza di cui fa parte il procuratore della Repubblica locale.

Ebbene, nel caso specifico il Procuratore della Repubblica di Bari, a proposito delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip, non solo non ha mai espresso dubbi sulla regolarità dell’azione amministrativa del locale comune ma anzi ne ha rimarcato in positivo la collaborazione con gli organi inquirenti nell’azione di prevenzione e repressione delle organizzazioni criminali.

Che sia chiaro: nessuna amministrazione può sentirsi al di sopra della legge o intoccabile. Per questo è interesse di tutti che si svolgano i dovuti accertamenti e approfondimenti con il necessario rigore ed il tempo necessario in modo da verificare l’effettiva sussistenza di quegli elementi «concreti, univoci e rilevanti» che la legge individua come presupposti per un atto così grave.

Ma proprio per questo motivo sarebbe stato preferibile che tutta questa vicenda fosse stata gestita con maggiore discrezione e prudenza, senza prestare il fianco al sospetto di reconditi fini politici da cui simili procedimenti amministrativi, perché finalizzati a colpire organi espressivi della volontà popolare, devono restare assolutamente immuni. Perché, come dicevano i latini, est modus in rebus.

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