Ho condannato la mafia ma continuano a dirmi “non basta”…

RMAG news

Dopo 32 anni di detenzione chi deve valutare sull’esecuzione della mia pena mi ha finalmente concesso un colloquio. Il 5 agosto 2022 era una giornata come tante altre, e come tutte le mattine, alle prime luci del giorno, ho iniziato il mio lavoro di ricamo. Riflettevo e lavoravo sulla figura che nella mia testa aveva già preso forma: a volte, quando vado di fretta, il filo si raggomitola su se stesso iniziando a formare dei piccoli grovigli che devo pazientemente sgrovigliare. Tutto ciò mi ricorda che devo sempre essere paziente su ogni aspetto della vita per non ripetere i miei errori di gioventù, quando di pazienza ne avevo davvero poca.

Il ricamo, oltre a darmi un senso di pace, mi ha aiutato ad avere una visione prospettica delle immagini. Prima, quando osservavo la realtà che si presentava davanti ai miei occhi, la percepivo secondo una mia personale deformazione prospettica. Oggi, forse grazie al mio lavoro di ricamo o a una maggiore maturità, ogni volta che si pone un problema inizio a esaminarlo da diverse sfaccettature. Nel campo degli studi ottici la “giusta” prospettiva indica l’ottica stessa, intesa come percezione visiva. In particolare, indica la pratica per misurare le distanze. Ecco, in passato non sono stato certamente capace di misurare queste distanze… Erano già quasi tre ore che ricamavo, quando all’improvviso sento urlare l’agente di sezione che mi invita a scendere giù presso gli uffici del magistrato di sorveglianza.

Sento lo stomaco in rivolta, scruto subito la mia agenda e rilevo che avevo richiesto quel colloquio il 21 febbraio 2021, per una lettera che mi era sequestrata e per la quale ne chiedevo il dissequestro. Poi, nel marzo 2022, avevo inoltrato una richiesta di permesso premio, ma appena quindici giorni dopo veniva rigettata con la motivazione secondo la quale l’equipe non ritiene ancora che io possa avere spazi maggiori di libertà dall’attuale, poiché non ho mai fatto una revisione critica del mio passato: “Egli si mostra restio a entrare nel merito dei reati e delle motivazioni che lo hanno indotto a delinquere”. Vi racconto ora il mio colloquio con il magistrato di sorveglianza.

Magistrato: «Ci siamo mai visti prima d’ora?»
Detenuto: «Sì, per rogatoria, ma per altri fatti».
M.: «Cosa fai al momento?»
D.: «Ricamo!»
M.: «Ricami?»
D.: «Sì, ricamo! È un dono che ho ereditato da mia madre. A questo proposito, mi permetta di regalarle un telo che riproduce la figura della Ninfa Aretusa, il più famoso mito di Siracusa. La dottoressa Di Rosa, presidente del Tribunale, ne ha un altro simile».
M.: «Uhm… va bene. Cosa vuole?»
D.: «Desidero esporle le mie lamentele. La prima è inerente al rigetto che la S.V. mi ha fatto in data 24 marzo. Non è il rigetto che mi fa male, ma la motivazione che è legata alla parola “restio”. Questo maledetto aggettivo che mi perseguita e che combatto, da anni, per sconfiggerlo. Non riesco a comprendere come sia possibile combattere contro i mulini a vento, e cioè con chi non vuole confrontarsi con me. Negli ultimi tre anni ho avuto soltanto alcuni fugaci colloqui con l’educatrice e non ho mai visto, nonostante le mie continue richieste, criminologi e psicologi».
A questo punto il magistrato mi invita a mettere per iscritto le mie lamentele che – mi assicura – avrebbe inoltrato all’istituto penitenziario affinché provveda a redigere la mia relazione di sintesi».
M.: «Hai mai fatto una revisione critica del tuo passato?»
D.: «Mi scusi, presidente, ma cosa si intende esattamente per revisione critica?»
M.: «Ho capito, sei un caso spinoso».
D.: «Mi permetta di leggerle un passaggio della lettera che la S.V. mi ha sequestrato: sì, sono in possesso di un’altra copia. Desidero informaLa che la stessa lettera è stata pubblicata da vari quotidiani nazionali e regionali. Il suo contenuto è stato persino letto in pubblico il 21 marzo 2022, in occasione del giorno dedicato alle vittime di mafia, dal Tg nazionale Italia1. Questa, in sintesi, la notizia: “Il boss scrive ai giovani: basta omertà. ‘Ai miei concittadini rivolgo il mio appello più accorato: se qualcuno si dovesse presentare a voi facendo il mio nome vi prego di denunciarlo immediatamente, senza indugiare, perché quella persona è un vigliacco e un perdente come lo sono stato io’” ».

Inoltre, ho partecipato ad alcuni convegni organizzati da Nessuno tocchi Caino che si sono tenuti nel carcere di Opera, nei quali non ho mai mancato di sottolineare il mio disprezzo per tutte le mafie. Ora, mi chiedo perché si continui a dire che io sia restio a entrare nel merito dei reati e delle motivazioni che mi hanno indotto a delinquere. Confrontarsi pubblicamente e assumersi tutte le proprie responsabilità significa essere restio a una revisione critica? Valutate voi, cari lettori, quanta sensibilità regni nelle carceri.

* Ergastolano detenuto a Opera, associato a Nessuno tocchi Caino

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